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MAL D’AUTO: i Consigli da Mettere in Pratica in Viaggio

Per il mal d’auto attenzione all’orario di partenza, agli spuntini e alle condizioni ambientali. In alcuni casi è possibile somministrare farmaci su consiglio del pediatra

Il mal d’auto, soprattutto nei bambini, rischia di rovinare l’inizio delle vacanze estive. Tecnicamente gli esperti la chiamano “cinetosi”, ovvero una sensazione di nausea che tende a presentarsi in tutte le situazione di movimento. Non solo auto dunque. Cause, sintomi e rimedi spiegati dagli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

MAL D’AUTO: CHE COS’E’ E COME SI MANIFESTA? Secondo le statistiche un bambino su tre soffre di cinetosi. Tutto nasce a livello del sistema vestibolare, un componente dell’orecchio interno molto importante nel regolare l’equilibrio. Il disturbo tende a presentarsi in tutte le condizioni di movimento passivo e si può presentare come “mal d’auto”, “mal di mare”, “mal d’aereo”, “mal di treno” ma anche in seguito a movimenti rotatori del corpo o del capo. Ciò accade quando l’impulso visivo inviato al cervello non viene integrato correttamente con quello proveniente dal sistema vestibolare. Una sorta di mancata sincronizzazione tra ciò che si vede e ciò che si percepisce. I sintomi più comuni della cinetosi sono pallore, sbadigli, sudorazione fredda e nausea fino al vomito.

PREVENZIONE: SONNO E CATTIVI ODORI Un consiglio per evitare il mal d’auto è agire sul sonno del bambino. Partire di buon ora, quando il piccolo ha ancora sonno, può aiutare. Durante il viaggio adottate una guida tranquilla senza forti accelerazioni o decelerazioni, specialmente in curva. E’ molto importante anche la condizione dell’auto in cui si viaggia: evitate gli odori forti come benzina, profumi e aria viziata. Tenete l’ambiente fresco aprendo i finestrini o utilizzando con moderazione l’aria condizionata.

CIBO CON MODERAZIONE, NO AI VIDEOGIOCHI La prevenzione passa anche dall’alimentazione. E’ sempre meglio fare un piccolo spuntino prima del viaggio. Questo tampona i succhi gastrici e riduce l’impatto della sintomi. Se il viaggio è lungo, fategli fare spuntini frequenti, con crackers o grissini. Evitate bevande gassate ma date piccoli sorsi di bevande fresche quali acqua o thè. Se il piccolo è sveglio cercate di distrarlo, cantando, ascoltando musica o invitandolo a guardare davanti per riconoscere il colore delle macchine o il tipo di auto. Evitate assolutamente la lettura o l’utilizzo dei videogiochi.

FARMACI SOLO SU INDICAZIONE DEL PEDIATRA Nei viaggi più lunghi, su prescrizione del pediatra, potete utilizzare farmaci specifici come il dimenidrinato che può essere somministrato mezz’ora prima della partenza sotto forma di capsule molli, e ripetuto dopo 4-6 ore in caso di viaggi lunghi, oppure come gomma da masticare da utilizzare quando compaiono i primi sintomi.

(Salute, Fondazione Veronesi)

DISINFETTARE LE MANI PUÒ AIUTARE A LIMITARE LA DIFFUSIONE DELL’INFLUENZA?

Gli studi per ora non sono conclusivi sull’efficacia dei dispenser con alcol nei luoghi pubblici. Lavare le mani con acqua e sapone resta un’importante strategia preventiva

È una delle prime regole che i genitori tentano di insegnare ai figli sin da piccoli. Ma è anche una di quelle che troppo spesso si tende a dimenticare: lavare le mani. Eppure è un’abitudine importantissima utile a prevenire la diffusione di influenza, batteri, virus. Non solo in ospedale, ma dappertutto. Non sempre però, quando si è fuori casa, ci sono acqua e sapone a disposizione. A volte poi subentra la pigrizia. Eppure, in vista della nuova stagione influenzale fra le strategie preventive utili per limitare la diffusione del virus c’è proprio anche la detersione frequente delle mani (le altre sono vaccinarsi, soffiare il naso o tossire in un fazzoletto per non mettere in circolo germi contagiosi, restare a casa dall’ufficio se si sta male).

LE RICERCHE Da tempo gli scienziati si stanno chiedendo se sia una misura efficace posizionare dispenser con disinfettanti per le mani nei luoghi pubblici (scuole, uffici comunali, impianti sportivi) per contenere la diffusione dell’influenza. In proposito la letteratura scientifica non è conclusiva. Uno studio condotto nel 2009 in college universitari ha dimostrato che l’igiene delle mani aggiunta all’uso delle mascherine per il viso non ha protetto di più dall’influenza rispetto al solo uso delle mascherine. Un’altra ricerca del 2014 nelle scuole elementari della Nuova Zelanda ha concluso che la fornitura dei disinfettanti non ha ridotto il tasso di assenteismo di alunni e insegnanti. Quindi la procedura non è utile? Non è detto. In altre ricerche è emerso che la pulizia delle mani con i disinfettanti ha ridotto il rischio di malattie respiratorie e gastroenteriti. Pochissimi studi sono però stati svolti durante epidemie di grandi dimensioni, quindi in realtà i potenziali benefici potrebbero essere anche maggiori.

I DUBBI «Sul tema la letteratura scientifica non è molto chiara — conferma Antonella Castagna, responsabile della Divisione Malattie Infettive all’Ospedale San Raffaele di Milano —. Non esiste una prova certa che la disponibilità di dispenser di disinfettanti alcolici nei luoghi pubblici possa costituire uno strumento efficace nella prevenzione dell’influenza. Resta il fatto che la procedura è certamente utile ed è provato che l’igiene delle mani previene le infezioni». Sebbene contrastare le infezioni negli ospedali non sia la stessa cosa che farlo nella comunità, proprio dai primi, dove medici e infermieri devono seguire precise procedure, può arrivare un’utile lezione. «Per l’igiene delle mani in ambiente sanitario è raccomandato prima l’uso di soluzione alcolica per almeno 20 secondi: il vantaggio è che uccide i microbi in modo immediato. In seconda battuta si lavano le mani con acqua e sapone, azione meccanica che rimuove lo sporco e in via indiretta anche virus e batteri».

COME REGOLARSI Ma fuori dagli ospedali come ci si può regolare? «Deve essere chiaro che la soluzione alcolica disinfetta, ma non pulisce. Non si può pensare di lavarsi le mani sporche con il disinfettante». Nel 2009, l’anno dell’influenza A, in molte amministrazioni comunali d’Italia si discusse dell’opportunità di installare dispenser con disinfettanti per limitare il contagio. Costi di installazione, manutenzione e l’assenza di letteratura scientifica univoca hanno impedito di portare avanti l’iniziativa. Resta certo che lavarsi le mani, anche solo con acqua e sapone è un gesto semplice e a costo quasi zero che però può dimezzare la diffusione di diverse malattie, anche gravi.

(Salute, Corriere)

RUGHE, TUTTA “COLPA” DELLA DISIDRATAZIONE

Croce e delizia dell’età che avanza, le rughe non dipendono tanto dall’attività facciale o dal livello di collagene, ma dall’idratazione della pelle.

È infatti proprio l’idratazione a giocare un ruolo importante nel loro sviluppo e questo vale in particolare per le microrughe sulla superficie che possono diventare molto più profonde, più grandi e più visibili quando lo strato più esterno della pelle – detto strato corneo – diventa più secco. Ciò può facilmente verificarsi a seguito di condizioni ambientali più asciutte (ad es., una stanza riscaldata o un volo a lungo raggio). A evidenziarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Soft Matter: sono stati sviluppati una serie di modelli computerizzati quantitativi per creare caratterizzazioni tridimensionali delle rughe della pelle. «Lo strato più esterno della nostra pelle è composto principalmente da cellule morte legate da lipidi». «Questo strato molto sottile svolge un ruolo chiave nel determinare le caratteristiche delle micro-rughe della pelle, anche nelle persone più giovani». «Con la diminuzione dell’umidità relativa, questo strato esterno diventa più secco e più rigido – conclude – quando questo accade, le micro-rughe sulla superficie della pelle, indotte da azioni dei muscoli facciali come il sorriso, diventano molto più profonde, più grandi e, quindi, più visibili. Ciò può accadere nel giro di poche ore, quindi la risposta immediata è mantenere la pelle idratata».

(Salute, Il Mattino)

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PREVENIRE IL DIABETE: MEGLIO DIETA O MOVIMENTO?

ovrappeso e obesità possono aprire la strada a sindrome metabolica e diabete di tipo 2.

Per correre ai ripari e dare un taglio ai chili in eccesso è meglio imporsi dei limiti a tavola, scegliendo con più cura cosa mangiare, oppure aumentare il movimento svolto quotidianamente?

Studio

I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi e per tutti lo scopo era di perdere il 6-8% del proprio peso attraverso uno di tre metodirestrizione calorica, esercizio fisico, entrambi.

Risultati

Gli autori della ricerca hanno registrato i livelli di sensibilità all’insulina dei partecipanti, un marcatore del rischio di diabete che misura quanto efficacemente il corpo è in grado di utilizzare l’insulina. “Il livello di zucchero nel sangue può essere perfettamente normale, ma se la sensibilità all’insulina è bassa, si è sulla strada verso problemi che possono anche condurre al diabete di tipo 2“. sia la restrizione calorica sia l’esercizio hanno effetti positivi sulla sensibilità all’insulina. Nel gruppo che li ha intrapresi entrambi il miglioramento della sensibilità all’insulina è stato doppio rispetto a ciascuno degli altri 2 gruppi che avevano adottato un approccio singolo In pratica dieta e movimento non sono intercambiabili, ma ciascuno offre benefici aggiuntivi per la glucoregolazione (la manutenzione costante dei livelli di glucosio nel sangue).

CONCLUSIONI

In pratica, al di là del dimagrimento, l’abbinamento di dieta e movimento ha mostrato di avere un effetto assai più potente sulla glucoregolazione di uno solo dei due approcci. Quindi? “Ci sono un sacco di persone che credono che se mantengono un peso sano, non importa cosa mangiano”, ha detto Weiss. “E altri che seguono una dieta sana ma non fanno movimento. Questo studio dice che si può essere più sani se si fa esercizio fisico e si mangia la giusta quantità di cibo. Includendo entrambi gli approcci nella propria vita si guadagna in salute”.

(Salute, Panorama)

INFLUENZA, via ai vaccini: il virus metterà a letto sei milioni di italiani

Fino a fine dicembre la vaccinazione antinfluenzale viene offerta gratuitamente a chiunque sia affetto da malattie che aumentano il rischio di complicanze, a tutte le persone di età superiore a 65 anni, a medici, donatori di sangue, donne in stato di gravidanza e tutte le categorie a rischio

Il tempo dell’influenza si avvicina. Con l’arrivo dell’autunno ci si prepara. È questo il periodo in cui è necessario vaccinarsi, sopratutto per le categorie a rischio. Quest’anno i virus, dicono gli esperti, saranno particolarmente aggressivi, con una previsione di 6 milioni persone colpite in Italia. I sintomi sono sempre gli stessi anche se possono cambiare da caso a caso: febbre, mal di testa, dolori muscolari, accompagnati spesso da tosse e mal di gola. Nei bambini si manifesta di frequente con problemi gastro intestinali, occhi arrossati, laringotracheite e bronchite. Fino a fine dicembre la vaccinazione antinfluenzale viene offerta gratuitamente a chiunque sia affetto da malattie che aumentano il rischio di complicanze, a tutte le persone di età superiore a 65 anni, a medici, donatori di sangue, donne in stato di gravidanza e tutte le categorie a rischio.

La vaccinazione è infatti la forma più efficace di prevenzione dell’influenza, e l’Organizzazione mondiale della sanità e il Piano nazionale prevenzione vaccinale riportano, tra gli obiettivi di copertura per la vaccinazione antinfluenzale il 75% come obiettivo minimo perseguibile e il 95% come obiettivo ottimale negli ultrasessantacinquenni e nei gruppi a rischio.

E’ cominciata, inoltre, il 14 ottobre la sorveglianza epidemiologica per la stagione influenzale 2019-2020 attraverso il sistema Influnet, che si basa su una rete di medici sentinella costituita da medici di Medicina generale e di Pediatri di libera scelta, reclutati dalle Regioni, che segnalano i casi di influenza osservati tra i loro assistiti. I medici sentinella e altri medici operanti nel territorio e negli ospedali collaborano inoltre alla raccolta di campioni biologici per l’identificazione di virus circolanti.

La raccolta e l’elaborazione delle segnalazioni di malattia è effettuata dall’Istituto superiore di sanità (Iss) che provvede all’elaborazione a livello nazionale e produce un rapporto settimanale. Le indagini virologiche sui campioni biologici raccolti vengono eseguite dai Laboratori facenti parte della Rete InfluNet e dal Centro nazionale per l’influenza dell’Iss.

(Repubblica/sanità)