Normative e protocolli non obbligano a ingaggiare imprese per una certificazione specifica.
Dai mobili ai filtri dell’aria condizionata, dalle tastiere dei computer a quelle dei Pos. La sanificazione (o pulizia: i provvedimenti citano entrambi i termini) non è solo il primo e indispensabile atto per la ripartenza delle attività – siano esse aziende, studi professionali o negozi – ma sarà una costante di questa fase 2 (e oltre): dovrà essere ripetuta anche più volte al giorno. La procedura implica nuovi costi da mettere a budget, per cui il Governo ha previsto un bonus fiscale – un credito d’imposta al 50%, per ora solo sulla carta, che potrebbe essere incrementato al 60% dal Dl Rilancio-, ma le imprese possono anche affidare la sanificazione a personale interno e i titolari di attività possono eseguirla in prima persona. Perché, di fatto, non esiste una certificazione “univoca” della validità del trattamento. L’unica indicazione, contenuta già nella circolare del ministero della Salute 5443 del 22 febbraio 2020, è quella dei prodotti da usare: varichina allo 0,1% o etanolo al 70 per cento.
Fai da te e autocertificazione
A confermare la possibilità della sanificazione fai da te sono alcuni tra i provvedimenti presi dalle Regioni: per esempio, la Toscana ha previsto che il datore di lavoro registri anche con autodichiarazione le operazioni effettuate e le trasmetta via web. E dove le Regioni non si sono ancora pronunciate in materia? «Non c’è scritto da nessuna parte che si debba ingaggiare un’impresa specializzata– e quindi si può autocertificare la propria attività di pulizia, purché si utilizzino i detergenti prescritti dalla legge. Consiglio di tenere nota delle procedure effettuate e di tenere gli scontrini o le fatture dei prodotti impiegati, non solo per ragioni fiscali ma anche per eventuali controlli». Un’altra conferma al fatto che il titolare dell’attività possa eseguire la pulizia o affidarla a personale interno è nella circolare dei Consulenti del lavoro 12 del 6 maggio 2020 che, in risposta a una delle Faq, recita: «Si istruisce il lavoratore su come deve comportarsi nello specifico e si redige un verbale nel quale si dichiara ciò che è stato fatto». Ad essere OBBLIGATORIA – ma anche in questo caso gestibile internamente – è la sanificazione degli impianti di aria condizionata. Nel Rapporto ISSCovid-19n.5/2020 è prevista l’accurata pulizia degli impianti che altrimenti dovranno essere spenti, garantendo la massima ventilazione dei locali. In particolare dovrebbe essere fatta (anche dai privati) la pulizia regolare delle prese e delle griglie di ventilazione dell’aria dei condizionatori con un panno inumidito con acqua e sapone oppure con alcol etilico al 75 per cento. Sarà inoltre necessario pulire i filtri almeno ogni quattro settimane.
Budget quintuplicato per l’agevolazione
L’articolo 64 del decreto “cura Italia”, così come convertito in legge, ha previsto un credito d’imposta pari al 50% delle spese sostenute per la sanificazione. Il Dl Rilancio, dopo l’esame del Cdm, potrebbe fare di meglio: dovrebbe aumentare la percentuale del credito d’imposta (che diventerebbe al 60%) ed estendere la platea degli aventi diritto agli enti del Terzo Settore. Ad essere agevolati, secondo quanto già approvato con il “cura Italia” sono le procedure di sanificazione e l’acquisto di disinfettanti, mascherine, pannelli protettivi, guanti, calzari, eccetera. Il Dl Rilancio estenderebbe la misura anche ai beni di terzi e quelli concessi in uso a terzi. Per ora, il bonus è solo sulla carta: si attende un decreto attuativo che dovrebbe chiarire se sono agevolate le sanificazioni fatte da tutte le imprese di pulizia o solo da quelle ex DM247/1997.
(Sole 24 Ore)
Info sull'autore