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Dalla Colazione alla CENA:
i trucchi dell’alimentazione Anti Afa

Le alte temperature fanno calare l’appetito ed è facile commettere errori nutrizionali. Va bene reintegrare i liquidi, ma bisogna garantirsi i giusti nutrienti. Ecco qualche suggerimento per la tavola estiva

Gelato e birra per rinfrescarsi… non va!
Riempirsi lo stomaco di bibite, gelati, birra, tè freddo, mangiare troppo poco perché l’appetito se ne va, non è una bella strategia per combattere il caldo e si rischiano di accumulare calorie su calorie, da zucchero e alcool, proprio quando si tende a muoversi di meno per via dell’afa. Di conseguenza l’eccesso calorico può tramutarsi in grasso corporeo. In realtà è vero che l’organismo ha particolarmente bisogno di liquidi (bene bere 1,2 – 2 litri d’acqua al dì) e di sali per reintegrare quelli dispersi col sudore, ma ha anche bisogno di mangiare cibi (digeribili), per introdurre i principi nutritivi necessari.

Ecco qualche «trucco», per combattere il caldo a tavola, senza eccedere con le calorie e non soffrire la fame.

Colazione
Appena svegli un paio di bicchieri di acqua fresca avviano l’idratazione mattutina. A colazione bene una tazza grande di yogurt magro, bianco . Le calorie sono poche (circa 70 per tazzona) e si potrebbe anche addolcirlo con un cucchiaino di miele. È ricco di proteine (6-7g per la dose indicata) ma non di lattosio. La muscolatura (e non solo) ne ha bisogno.

Pranzo
L’ideale è un passato tiepido di verdure miste (una miniera di sali minerali). In Francia li servono con una fetta di pane: un’ottima idea per un piatto più ricco di carboidrati complessi.

Cena
Sì alla pasta, meglio tiepida o fredda, condita con pomodoro fresco, basilico, uova a fettine, pezzetti di peperone arrosto, tonno, olio evo.

E la frutta?
Un bel piatto di frutta mista (ricca di acqua, sali, vitamine), fino a tre volte alla settimana può sostituire un pranzo, soprattutto al mare e integrare anche colazione e cena. Ma non esagerare perché la frutta può favorire la fermentazione intestinale e fare gonfiare la pancia. Meglio mangiarla intera piuttosto che spremuta, perché è ricca di fibre utili per l’intestino. Dai succhi le fibre vengono eliminate.

Le verdure sempre
Tutta e a tutte le ore perché apporta molta acqua, vitamine, sali e un nonnulla di calorie. Può integrare pasti e fuori pasto. Un cetriolo fresco o un pomodoro possono ingannare l’appetito e calmare la sete.

Bibite
Bene il frullato freddo di anguria ma anche il limone al seltz: è una via di mezzo fra il gelato e la bibita, disseta con poche calorie. Per farlo in casa: sorbetto di gelato (poco) in un bicchiere, acqua gasata e fettine di limone non trattato.

Camminare per Alleviare il Gonfiore alle GAMBE

Può capitare, in particolare alle donne e soprattutto se in sovrappeso, che piedi e caviglie si gonfino e le gambe diventino stanche e pesanti, magari in ambienti troppo caldi e umidi o indossando scarpe con tacchi troppo alti.

Si potrebbe pensare che, in caso di questi disturbi, sia meglio evitare di camminare e cercare sollievo mettendosi a riposo, ma non è la soluzione ideale. «Quando per diversi motivi si è costretti a rimanere a lungo in piedi o seduti, alzarsi e camminare oppure, se non è possibile, contrarre e rilasciare i muscoli dei polpacci aiuta ad alleviare il gonfiore alle gambe perché favorisce il ritorno venoso del sangue al cuore. In questo modo si riduce la stasi venosa, responsabile del gonfiore nella parte inferiore della gamba, e quindi migliora la sensazione di pesantezza delle gambe. La stasi venosa, ovvero il ristagno di sangue nelle vene, si deve alla perdita di elasticità delle pareti delle vene, che altera il meccanismo di ritorno del sangue dagli arti inferiori al cuore e ai polmoni. Questo determina la formazione di varici».

Teleangectasie e vene varicose: i fattori di rischio
Le varici, dette anche vene varicose, sono causate da malattie del sistema venoso superficiale degli arti inferiori, tra cui le teleangectasie, ossia la dilazione delle piccole venule che diventano gonfie e dolorose. La caratteristica forma tortuosa e il colore bluastro delle varici sono dovuti alla perdita di elasticità e ristagno venoso, a causa del fatto che vene e venule si dilatano in modo permanente, gonfiandosi e diventando dolorose al tatto. «La malattia del sistema venoso si può associare a un’alterazione del sistema linfatico degli arti inferiori che contribuisce ad aumentare il gonfiore delle varici e la pesantezza delle gambe, con crampi notturni, prurito e dolore agli arti inferiori». «Esistono fattori di rischio che predispongono alla malattia del sistema venoso superficiale come l’età e la familiarità. Se in famiglia ci sono casi di varici, aumenta il rischio di sviluppare la malattia, specie se non si tengono sotto controllo i fattori di rischio associati allo stile di vita come obesità e sovrappeso, l’abitudine al fumo, la sedentarietà. Infine, anche le attività lavorative che richiedono di stare a lungo in piedi, specie in ambienti caldo-umidi, aumentano il rischio di sviluppare la malattia venosa».

Alcuni consigli per dare sollievo alle gambe
Anche se non esiste un metodo che possa prevenire la comparsa delle vene varicose, alcuni comportamenti, adottati a ogni età, aiutano a migliorare la circolazione sanguigna in chi soffre di varici e a ridurre il rischio di perdita di elasticità delle vene:

  • Mantenersi attivi e svolgere esercizio fisico con regolarità: camminare, nuotare, andare in bicicletta sono attività che aiutano la circolazione e la perdita di peso.
  • Controllare il peso, evitando sovrappeso e obesità.
  • Seguire una dieta sana: l’estate può essere l’occasione per aumentare il consumo di cibi ad alto contenuto di fibre come verdure e frutta, cereali integrali. Da evitare i cibi troppo salati.
  • Scegliere le scarpe giuste: con il caldo, meglio evitare l’uso prolungato di tacchi alti, che contribuiscono ad aumentare la stasi venosa
  • Ridurre o evitare il fumo di sigaretta, fattore di rischio per le malattie del sistema venoso.
  • Cambiare spesso posizione: stare seduti o in piedi per troppe ore consecutive, peggiora i sintomi delle varici

(Salute, Humanitas)

Le insidie dell’estate: tachicardia e febbre, attenzione al colpo di calore

Una delle insidie estive della quale è facile dimenticarsi è il colpo di calore. È provocato da condizioni ambientali con alta temperatura (a partire da 35 gradi), ridotta ventilazione e, soprattutto, elevata umidità.

Che possono verificarsi al mare come in città. Si tratta di una condizione che non consente certo all’organismo di disperdere il calore in eccesso attraverso il sudore e di mantenere la temperatura del corpo intorno ai 37 gradi. Se l’umidità è molto elevata, il sudore evapora più lentamente e il calore non viene eliminato.

I RISCHI
Quando questo accade la temperatura del corpo aumenta e si può andare incontro a tachicardia come a febbre. Importante è avere a portata di mano integratori idrico-salini e rinfrescare il corpo con panni bagnati in acqua fredda. Altro possibile rischio è il collasso da calore, legato alla diminuzione del sangue circolante. In questi casi all’inizio ci si sente deboli, si suda e si avverte un forte giramento di testa. Il battito tende poi a rallentare, la pressione arteriosa scende e la pelle diventa fredda. «Se una persona dovesse avvertire i sintomi del collasso di calore, metterla in posizione orizzontale con le gambe rialzate rispetto al capo». «È molto difficile distinguere un calore buono da uno cattivo – È evidente che una scottatura determina un aumento della temperatura esterna della cute ed è un fatto negativo, mentre l’attività fisica e la digestione o alcuni fenomeni ormonali determinano aumento della temperatura corporea ma sono fenomeni fisiologici. In alcuni casi, e in particolare quando la temperatura è elevata, si attivano una serie di meccanismi, come la sudorazione e, a volte, il tremore muscolare».
(Salute, Il Mattino)

MASCHERINE CON IL CALDO: i consigli dei dermatologi per aiutare la pelle

Una «convivenza complicata» soprattutto per i pazienti con acne, dermatite, rosacea, che possono peggiorare. Irritazioni specie in chi deve indossarle molte ore

Nonostante diano fastidio a molti, le mascherine restano uno dei presidi fondamentali per limitare la diffusione del coronavirus. Decisive per proteggere sé stessi e gli altri, creano comunque disagio sia nel respirare (ancor di più con l’arrivo del caldo) sia alla pelle, soprattutto a chi già soffre di problemi cutanei. Diverse indagini hanno fatto messo in evidenza un aumento di acne, rosacea, dermatiti e irritazioni varie, sia in pazienti che già ne soffrivano prima e hanno visto peggiorare la loro situazione nelle aree del viso, sia in persone che non avevano mai avuto disturbi. Per aiutare la «convivenza complicata» con questi importanti presidi anti-Covid gli esperti della Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmissibili hanno messo a punto un vademecum con poche, semplici regole utili per arginare i fastidi e aiutare a restituire un aspetto sano a quello che è stato definito «covidface»:
un viso che può invecchiare anche di cinque anni in pochi mesi di pandemia con accentuazione di borse, occhiaie, rughe, pelle avvizzita, sguardo spento.

«Maskne» per chi usa la mascherina molte ore al giorno Oltre alle conseguenze di tipo estetico, a livello internazionale gli esperti hanno iniziato ormai a parlare anche di «maskne», termine che deriva dalla fusione di «mask» (mascherina in inglese) e acne. E con la bella stagione ci si aspetta un aumento di casi, perché il caldo peggiora i disturbi che sempre più pazienti lamentano a livello cutaneo: prurito, bruciori, eritemi, desquamazione della cute. La situazione peggiora se si indossa la mascherina per molte ore al giorno e se si soffre di malattie cutanee preesistenti come l’acne, che pur essendo un disturbo tipicamente adolescenziale interessa il 15% degli adulti, o la rosacea che colpisce più di 3 milioni di italiani. «Studi clinici hanno recentemente evidenziato che indossare mascherine continuativamente e per un tempo prolungato acutizzerebbe l’acne o altre irritazioni della pelle preesistenti o latenti — dice G. Fabbrocini. Il 90% dei pazienti infatti attribuisce il peggioramento di acne e rosacea all’uso della mascherina e un 30% dichiara che la patologia si è slatentizzata o riacutizzata a causa della stessa. L’uso della mascherina per molte ore al giorno determina un’occlusione che può provocare l’alterazione del microbiota cutaneo e quindi del film lipidico».

Più attenzione all’igiene cutanea
Su una cosa tutti i dermatologi concordano: rispetto all’emergenza pandemica che stiamo vivendo, la maskne costituisce un effetto collaterale trascurabile se valuta il rapporto costo-beneficio derivante dall’uso della protezione dall’infezione. Servono solo piccole accortezze, facendo ancora più attenzione all’igiene cutanea e utilizzando i giusti prodotti dermocosmetici che possano aiutare a spegnere l’infiammazione. «Ma le ricadute sulla pelle vanno curate e non sottovalutate, per evitare che si tenda a non indossare la mascherina, fondamentale nella protezione da contagio da Sars-CoV-2. Mi preme sottolineare che dovendo tenere la mascherina sul viso tutto il giorno bisogna fare molta attenzione quando si applicano le creme il cui effetto occlusivo non va tralasciato. Per cui va “calibrata” bene la terapia antiacne, spesso aggressiva, con la routine quotidiana» dice l’esperta. Insomma, è necessario prestare maggior cura nello spalmare la crema utilizzata, massaggiandola bene per farla assorbire prima di mettere la mascherina perché altrimenti si crea una doppia copertura eccessiva, che non consente alla cute di respirare.

I consigli dei dermatologi
Gli esperti nel vademecum appena presentato, consigliano di

  • indossare sempre mascherine certificate CE bianche, in tessuti naturali o anallergici che possano aiutare la pelle a respirare, evitando quelle in tessuti sintetici.
  • Cambiare o lavare con regolarità la mascherina, utilizzando detergenti neutri o prodotti biologici ed anallergici.
  • Cercare di evitare il trucco se si sa di dover portare la mascherina per un periodo prolungato.
  • Prestare la massima cura alla scelta dei prodotti per la routine di pulizia e idratazione: per esempio, la mattina, al risveglio, partire da una detersione mirata con detergenti leggermente più acidi e seboregolatori, ma sempre delicati.
  • Applicare quindi prodotti topici non comedogenici (ovvero che non favoriscano l’insorgenza di punti neri, brufoli e altre impurità) e farli assorbire completamente prima di indossare la mascherina: l’idratazione della pelle è fondamentale, meglio applicare la crema quindi almeno una mezzora prima di indossare la mascherina.
  • Inoltre con l’arrivo dell’estate non si deve dimenticare un filtro solare perché i raggi solari attraversano anche i tessuti.
  • Per prevenire danni tipo abrasioni o irritazione, spiegano i dermatologi, si può usare una medicazione idrocolloide da posizionare sotto le palpebre o sul dorso del naso.
  • Ed è utile fare attenzione all’alimentazione, evitando tutto ciò che contribuisce a «infiammare» (come troppi zuccheri, grassi o alcolici) e se si presentano problemi, o si aggravano le malattie cutanee di cui si soffre, meglio parlarne subito con il medico specialista.

Dermatite e rosacea possono peggiorare
«Le dermatiti possono essere causate per esempio dalla composizione dell’elastico o dalla sensibilità al metallo utilizzato per modellare la mascherina sul naso — spiega Pasquale Frascione, vicepresidente SIDeMaST —. Ma possono essere attribuite anche all’utilizzo non appropriato della mascherina: se la si porta molto a lungo (oltre sei ore consecutive) o si usa più volte la stessa potremmo avere delle reazioni allergiche perché possono essere presenti tracce di cosmetici contenenti conservanti e coloranti. Oppure possono restare attaccati dei detergenti se, una volta lavata, non sia stata ben sciacquata oppure, nel caso sia stata disinfettata con uno spray detergente, non sia ancora asciutta». Anche la rosacea può aggravarsi con l’uso delle mascherine: «Il peggioramento è dovuto a quello che potremmo definire un effetto “occlusivo o di condensa”, destinato purtroppo ad aumentare a causa del caldo, che è il primo nemico della rosacea — conclude Ketty Peris, presidente SIDeMaST —. Il vapore acqueo prodotto dal respiro infatti si trasforma in liquido che non riesce ad asciugarsi (quindi a far respirare la pelle) perché è effettivamente bloccato dalla mascherina. Per questo motivo l’irritazione sul viso compare o peggiora e, poiché in questo periodo le temperature aumentano, cresce anche la sensazione di calore e fastidio. Facile intuire quindi quanto queste condizioni possano portare a un peggioramento della rosacea».
(Salute, Corriere)

MAL DI GOLA, LO SAI CHE AUMENTA IL RISCHIO IN AMBIENTI TROPPO CALDI?

Sono molte le cause di mal di gola, ma chi ama la montagna e la neve deve sapere che gli sbalzi termici possono rovinare una bella vacanza.

Infatti, per evitare il mal di gola è meglio evitare di soggiornare in ambienti troppo caldi, affollati, soprattutto se la temperatura esterna è di molto inferiore –. Questo accade perché gli sbalzi termici, da una parte facilitano la proliferazione di virus e batteri, e dall’altra inibiscono i fisiologici meccanismi di difesa della mucosa delle vie aerodigestive superiori. Per proteggersi dal mal di gola, nei casi più lievi può essere sufficiente effettuare i classici “fumenti della nonna” con acqua, bicarbonato di sodio e camomilla, che funzionano benissimo nei casi più lievi, mantenere un’adeguata idratazione corporea assumendo liquidi e umidificando gli ambienti, mentre è sconsigliato affidarsi agli aerosol che contribuiscono solo a peggiorare la situazione. Infine, evitare il fumo di sigaretta, gli alcolici e aumentare l’assunzione di frutta e verdura, all’interno di una dieta sana e bilanciata, aiuta anche la prevenzione del mal di gola quando la causa è il reflusso gastroesofageo, talvolta peggiorato da abbuffate ed eccessi alimentari. Se invece il mal di gola ha cause batteriche, come nel caso della tonsillite, meglio rivolgersi al medico per iniziare un’adeguata terapia antibiotica magari preceduta da un tampone faringeo con esame colturale e antibiogramma per mirare la cura.
(Salute, Humanitas)

CALO DI PRESSIONE: COME COMPORTARSI?

A volte, quando si passa dalla posizione seduta a quella eretta, o quando ci si alza da sdraiati, possono comparire una serie di sintomi, come un leggero capogiro, la sensazione di instabilità o la vista annebbiata.

Questi sono indicatori di un calo di pressione improvviso, fenomeno estremamente comune e che può dipendere da diversi fattori. Cosa succede, di preciso, quando si verifica un calo di pressione? E come comportarsi?

Questioni di risposta pressoria allo stimolo gravitazionale e di termoregolazione
Il nostro sistema nervoso autonomo regola, tra le altre cose, la pressione arteriosa. Quando passiamo dalla posizione seduta a quella in piedi, si assiste a un brusco cambiamento dell’attività nervosa di regolazione cardiovascolare. Infatti aumenta l’attività nervosa simpatica al cuore – producendo tachicardia – e aumenta anche l’attività nervosa diretta ai vasi arteriosi periferici – generando una vasocostrizione arteriosa e venosa che impedisce i cali di pressione. Se l’ambiente circostante è caldo, questo fenomeno regolatorio diventa più complesso, poiché il sistema nervoso autonomo è chiamato a un’ulteriore attività che è quella di termoregolazione. Per funzionare correttamente, infatti, il nostro organismo ha bisogno di mantenere la temperatura corporea interna stabile, in un range di temperatura interna assai limitato e nelle zone periferiche compreso tra i 36.0° e i 41.00 °C. Quando la temperatura esterna sale eccessivamente, si assiste a un incremento della frequenza cardiaca e a una vasodilatazione periferica e cutanea, associate a un incremento della sudorazione, fenomeni essenziali per disperdere il calore del corpo. Infatti, qualsiasi attività che facciamo produce calore che deve essere disperso attraverso la sudorazione e l’incremento della ventilazione polmonare. Quest’ultima aumenta sensibilmente in condizioni ambientali eccessivamente calde. Senza questi meccanismi di compenso la nostra temperatura corporea aumenterebbe progressivamente e questo non è compatibile con i processi enzimatici necessari per la vita. Se abbiniamo una tendenza alla pressione bassa (ipotensione costituzionale), ecco che può sopraggiungere un calo improvviso di pressione con sintomi come la spossatezza, la vertigine, il senso di mancamento fino allo svenimento (sincope).

Chi è maggiormente colpito da cali di pressione?
I cali di pressione sono particolarmente comuni nelle persone che hanno, di norma, una pressione bassa, la cui “massima” (o sistolica) è uguale o inferiore a 90 mmHg e quella minima (o diastolica) è uguale o inferiore a 60 mmHg. cioè nelle ipotensioni costituzionali, più frequenti nelle giovani donne, di età tra i 16 e i 28 anni.

Quando può avvenire un calo di pressione?
I cali di pressione avvengono spesso in giornate particolarmente afose, dopo movimenti improvvisi, e dopo un esercizio fisico importante, oppure al chiuso, in luoghi di lavoro come le cucine. Quando siamo fermi a riposo, i nostri valori pressori sistolici (la “massima”), sono compresi tra 100 e 125 mmHg e quelli di diastolica (la “minima”) tra 80 e 90 mmHg: durante un esercizio fisico o uno sforzo importante, la pressione può aumentare di molto, fino a raggiungere e superare i valori di 180/100 mmHg. Questo avviene comunemente durante un esercizio fisico massimale. Quando l’esercizio termina, tuttavia, la pressione può scendere molto velocemente, e questo improvviso calo è responsabile dei sintomi sopra descritti soprattutto se il soggetto rimane fermo in piedi. È infatti nei nostri occhi l’immagine televisiva di atleti che al termine della loro corsa, pur esausti, continuano a camminare o addirittura a “corricchiare”, per permettere al loro organismo di ritornare lentamente alla condizione di riposo ed evitare così i sintomi pre-sincopali.

Come comportarsi durante un calo di pressione?
Sarebbe opportuno sdraiarsi fino a quando i sintomi non scompaiono. Se ciò non è possibile, ci si può sedere, respirare a fondo e bere un bicchier d’acqua.
Non è necessario lo zucchero: l’acqua, da sola, è in grado di far aumentare la pressione arteriosa, attivando gli osmorecettori epatici in collegamento con afferenze nervose simpatiche. Queste ultime, attivate, provocano una vasocostrizione periferica e sostengono la pressione arteriosa. È importante ricordare che in certe situazioni l’acqua di rubinetto è un vero e proprio farmaco. Possiamo comunque fare molto, in termini di prevenzione del fenomeno: possiamo mantenerci idratati, assumere un corretto e adeguato quantitativo di sali minerali, magari attraverso frutta e verdura, ed evitare una rapida assunzione della posizione eretta, soprattutto se l’ambiente circostante è caldo.
(Salute, Humanitas)