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LA PILLOLA PER LA PRESSIONE?
IN CERTI CASI È MEGLIO PRENDERLA ALLA SERA

Secondo uno studio assumere il farmaco prima di andare a dormire protegge meglio da problemi cardiovascolari. Ma la scelta va sempre fatta con il medico

IL MOMENTO MIGLIORE
Qual è l’ora giusta per prendere la pastiglia contro la pressione alta? Sul corretto orario dell’assunzione di questo farmaco non esistono per la verità linee guida precise, ma i medici in genere tendono a consigliare di farlo al mattino. Ora però uno studio appena pubblicato sull’European Heart Journal suggerisce che il momento migliore per prendere la pastiglia antipertensiva è quando si va a letto: in questo modo si controlla meglio la pressione nelle 24 ore e si riduce significativamente il rischio di morte per eventi cardiovascolari, come ictus e infarto, rispetto a chi assume il farmaco al risveglio.

LO STUDIO
Lo studio, il più ampio finora mai eseguito per dimensioni su questo argomento, ha seguito per 6 anni 19 mila pazienti ipertesi, che sono stati divisi in due gruppi in modo casuale: metà dei partecipanti ha preso la pillola al mattino, l’altra metà la sera. A tutti è stata misurata la pressione una volta l’anno per 48 ore. È emerso che chi aveva assunto la pastiglia prima di andare a letto non solo, come detto, aveva quasi dimezzato il rischio di morte per eventi cardiovascolari, ma aveva mantenuto la pressione più bassa nelle 24 ore, in particolare di notte. Cambiare l’orario di assunzione del farmaco potrebbe salvare molte vite».

LA PRESSIONE BASSA DI NOTTE È PROTETTIVA
Lo studio è coerente con precedenti evidenze scientifiche che mostrano come i valori medi della pressione minima misurata durante il sonno siano i più indicativi del rischio cardiovascolare di un individuo iperteso. La pressione bassa di notte è un elemento protettivo nei confronti di eventi cardiovascolari.

CHE COSA DICE IL CARDIOLOGO
«Le conclusioni non vanno comunque generalizzate — ma il merito di questo studio è quello di sottolineare l’importanza di un trattamento individualizzato dell’ipertensione arteriosa. Alcuni pazienti infatti presentano un aumento patologico dei valori pressori nelle ore notturne, riconosciuto fattore di rischio per eventi cerebrovascolari. È quindi importante sottoporre gli ipertesi a un monitoraggio pressorio nelle 24 ore (Holter pressorio) in modo da avere chiaro l’andamento della pressione non solo nelle ore diurne ma anche in quelle notturne, identificando così coloro che più possono beneficiare di una somministrazione serale della terapia».

CHIEDERE SEMPRE AL MEDICO
Come hanno sottolineato gli stessi autori della ricerca serviranno altri studi per capire se il beneficio si applica con tutti i tipi di farmaci in commercio e su tutte le popolazioni. Prima di modificare in modo autonomo l’orario di assunzione della pillola contro l’ipertensione è comunque importante chiedere il parere al proprio medico curante perché potrebbero esserci motivi validi per cui il farmaco deve essere assunto alla sera oppure alla mattina.
(Salute, Corriere)

Perché i DOLCI non fanno bene al CUORE?

Le persone che tendono a consumare molti dolci sotto forma di cioccolato, merendine, gelati, e ogni sorta di pasticcini e snack dolci, tende ad introdurre ogni giorno una quota maggiore di calorie nella propria alimentazione a causa della quantità di zuccheri e grassi che sono gli ingredienti principali di cui sono fatti dolci

Questa è un’abitudine che apre le porte alla strada verso il sovrappeso e l’obesità, in modo particolare per chi conduce una vita sedentaria perché l’organismo non è in grado di smaltire l’eccesso calorico, o in presenza di malattie come il diabete, che genera a sua volta danno alle pareti dei vasi arteriosi, in cui l’organismo non è in grado di metabolizzare gli zuccheri. Il fatto che sovrappeso e obesità siano un pesante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari anche gravi come infarto e ictus, spiega perché i dolci non facciano bene al cuore.
Invece, è meglio consumare moderatamente cioccolato fondente che deve però contenere una percentuale di cacao superiore al 60-70% per fornire al cuore quelle sostanze antiossidanti, chiamate flavonoidi, che hanno dimostrato avere benefici sulla salute di vasi e arterie. Bisogna comunque tenere a mente che è necessario consumare cioccolato è fondente in quantità, non superiori a 10-20g al giorno, pari a circa un quadratino di una tavoletta di cioccolato fondente.
(Salute, Humanitas)

COLESTEROLO «CATTIVO» e INFARTO: un test del Dna potrebbe aiutare a calcolare il rischio

Il nuovo test va in direzione della «prevenzione di precisione», che dovrebbe consentire una valutazione individuale del «pericolo» e quindi interventi più mirati e efficaci

.L’effetto del colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo “cattivo”) sul rischio di sviluppare un infarto miocardico dipende anche dai geni: questi i risultati di uno studio pubblicato su Circulation e realizzato da una società di software di genomica specializzata nello sviluppo di Punteggio di Rischio Poligenico (Polygenic Risk Score – PRS ) per la medicina personalizzata. Grazie al software di analisi PRS, si è visto che la combinazione delle informazioni sul rischio genetico del paziente con il suo livello di colesterolo LDL permette di identificare persone a maggior rischio cardiovascolare che sarebbero altrimenti invisibili ai modelli di rischio tradizionali, ma che hanno potenzialmente bisogno di un trattamento farmacologico adeguato.

Lo studio
Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in Europa, determinando quasi 4 milioni di decessi (il 43% di tutti i decessi, dati 2016). Anche in Italia sono la principale causa di morte (dati Istat 2018), essendo responsabili del 34,8% di tutti i decessi. Dato significativo: il 40% degli adulti presenta almeno tre dei fattori modificabili di rischio cardiovascolare: ipertensione, ipercolesterolemia, sedentarietà, fumo, eccesso ponderale, scarso consumo di frutta e verdura.

L’importanza del «punteggio» poligenico
Lo studio pubblicato su Circulation mostra, in particolare, che le persone con livelli medi di colesterolo LDL (130-160 mg/dl) ma con uno «score» poligenico elevato hanno un rischio equivalente di soffrire di malattie cardiovascolari e infarto rispetto alle persone con ipercolesterolemia (> 190 mg/dl) ma con un PRS di valore medio. La ricerca ha inoltre dimostrato che le persone con punteggi poligenici elevati rispetto alle malattie coronariche possono ridurre il rischio di malattia portandolo nella media della popolazione se mantengono livelli ottimali di LDL (<100 mg/dl). Individui con score poligenico basso non hanno invece un aumento del rischio all’aumentare dei livelli di LDL.

Rischio multifattoriale
«Il rischio di un individuo di avere un infarto o un ictus è determinato dall’interazione di molti elementi, essendo multifattoriale e poligenico. I risultati di questo nuovo score aprono interessanti prospettive cliniche per i nostri pazienti, dimostrando che il rischio cardiovascolare di un individuo dipende da una correlazione tra colesterolo LDL e rischio genetico — Lo studio effettuato su più di 400 mila individui, ha dimostrato che il rischio di infarto e ictus conferito dal colesterolo “cattivo” (LDL-C) è modificato dal background genetico di un individuo. Questo suggerisce che i maggiori benefici dei farmaci che abbassano il colesterolo” cattivo” si otterrebbero negli individui con alti score di rischio poligenico».

Rischio cardiovascolare raddoppiato
«Lo studio — ha mostrato come nei pazienti con alto PRS l’aumento del rischio cardiovascolare, a parità di colesterolo LDL, sia il doppio rispetto al gruppo PRS intermedio». Il PRS è in grado, inoltre, di identificare gli individui che, nonostante siano indicati come bisognosi di un intervento terapeutico secondo le linee guida correnti, non sono in realtà ad alto rischio cardiovascolare in base ai loro geni e ai livelli di LDL, e che quindi potrebbero potenzialmente evitare il trattamento.

Valutazioni «personalizzate»
«La definizione del rischio cardiovascolare individuale è oggi uno step fondamentale per le strategie di prevenzione cardiovascolare — a notare Massimo Volpe, Presidente della Siprec (Società italiana per la prevenzione cardiovascolare). «Non è sufficiente diagnosticare e trattare i singoli fattori di rischio, come ipertensione arteriosa, dislipidemie, diabete, ma occorre definire il profilo di rischio cardiovascolare totale in ogni singolo individuo e mettere al centro di tutte le strategie e interventi di prevenzione la riduzione di questo valore complessivo, non di singoli elementi come il livello di colesterolo LDL»

Prevenzione di precisione
«Assistiamo in questo momento all’emergere di un concetto nuovo, ossia la prevenzione di precisione, che analogamente alla medicina di precisione, intende rendere gli interventi più efficaci e personalizzati. Basti pensare al progetto di legge Cardio50 (DDL 869 in discussione in questo momento al Senato, ndr.), che, come Società scientifiche, stiamo portando avanti insieme alle Istituzioni e prevede uno screening nazionale in tutte le fasce di età per identificare i soggetti su cui agire con maggiore incisività ed efficienza». «In questo contesto —prosegue — può essere molto utile avere a disposizione un semplice test genetico che affina la valutazione del rischio cardiovascolare così da interpretare il vero significato dei diversi livelli di colesterolo e identificare meglio gli individui su cui concentrare l’azione preventiva».

Tecnologia bioinfornatica
Il PRS è una misura del rischio di malattie di una persona basata sui suoi geni e si calcola combinando gli effetti di un gran numero di varianti genetiche nel genoma. Allelica ha sviluppato avanzati strumenti digitali per la stima del PRS di una persona rispetto alle patologie cardiovascolari, basandosi sulla più recente tecnologia bioinformatica applicata allo studio dei dati genetici di circa 408 mila individui della biobanca del Regno Unito. Basandosi su questo algoritmo, Allelica ha preparato un semplice test genetico salivare, che consente di valutare il PRS di ogni individuo.
(Salute, Corriere)

ATTIVITÀ FISICA: mai superare i 130 battiti al minuto

E’ importante praticare esercizi semplici, e non voler raggiungere il massimo della performance in poco tempo.

Dobbiamo allenare anche il nostro apparato cardiocircolatorio e controllare la frequenza cardiaca – raccomanda Roberto Pozzoni, (Ist. Ortopedico Galeazzi Milano). – Una frequenza cardiaca che ci permette di fare un lavoro di tipo aerobico è sui 120/130 battiti al minuto, è quindi bene non andare mai oltre questa soglia». La prima settimana di ripresa, meglio dire di adattamento, è molto importante. Se si riesce a raggiungere con regolarità il mese di attività, sarà molto più difficile abbandonare. Dal momento che lo sport non serve solo a perdere o mantenere il peso, ma a migliorare il battito cardiaco e la respirazione, a purificare il sangue, a eliminare le tossine e a liberare le tensioni. Un’astuzia per non mollare consiste nel variare spesso l’attività. Nel momento in cui ci rimette a fare sport sul serio è anche opportuno predisporre un piccolo kit di primavera per essere già pronti nel caso insorga un piccolo problema.

GLI IMPREVISTI
Per far fronte a eventuali infortuni (strappi, contusioni) meglio avere a portata di mano prodotti da banco ad azione antinfiammatoria e analgesica sia per uso locale (cerotti, gel, pomate) che sistemico (bustine o cpr). I dolori legati alla contrazione di un muscolo o di un gruppo di muscoli possono essere conseguenza di uno sforzo eccessivo o di un trauma. Per ridurre il rischio è bene sempre massaggiare i muscoli delle gambe con soluzioni in grado di ridurre il rischio di contratture. «Avvertire un dolore dopo uno sforzo fisico è normale, i muscoli vanno in acidosi – e l’acido lattico non si riassorbe prima di 48/72 ore. Se superati i tre giorni il dolore persiste, diventa però necessaria una visita medica».
(Salute, Focus)

Sempre più infarti, le donne over 60 ormai muoiono più per patologie cardiache che non per il cancro

L’insorgenza delle patologie cardiovascolari sta crescendo nelle donne

Generalmente il genere maschile è sempre stato quello maggiormente coinvolto in attacchi cardiaci o problemi legati al cuore, ma recenti studi hanno permesso di rilevare un crescente fenomeno che coinvolge l’universo femminile dopo la menopausa. Non solo: ormai le patologie cardiovascolari colpiscono la donna tre volte più di tutti i tumori femminili messi insieme (seno, utero, polmone). Per questo bisognerebbe insegnare alle donne di tutte le età ad avere attenzione per il cuore.

La donna ha un apparato cardiovascolare diverso dall’uomo: ha un cuore e dei vasi più piccoli; essendo destinata alla procreazione, è protetta dai principali eventi cardiovascolari (infarto, ictus), ma solo fino alla menopausa, quando perde lo scudo ormonale e diventa vulnerabile a queste patologie come l’uomo, con un ritardo di circa 10 anni. Questo dato, unito all’aumento dell’aspettativa di vita, deve indurre le donne a una maggiore prevenzione. «Troppo spesso la donna è stata trascurata – le patologie cardiovascolari colpiscono la donna tre volte più di tutti i tumori femminili messi insieme (seno, utero, polmone). Per questo bisognerebbe insegnare alle donne di tutte le età ad avere attenzione per il cuore, a partire da una maggiore sensibilità allo stile di vita per tutelare il proprio organismo. In Europa, e similmente in Italia, le donne che oggi muoiono per problemi cardiovascolari (ictus e infarto) sono il 43% contro il 38% degli uomini. A condizionare questi dati in aumento sono i diversi fattori di rischio che caratterizzano le donne, che si possono suddividere in classici, esclusivi e peculiari. I primi sono gli stessi degli uomini: fumo, colesterolo alto, ipertensione, diabete, assenza di movimento, obesità, alimentazione non corretta. La donna però aggiunge dei fattori di rischio esclusivi legati alla sua vita biologica: anzitutto, la menopausa, che può diventare ancora più aggressiva se precoce, tra i 30 e 40 anni; un menarca precoce o tardivo; malattie come ipertensione o diabete in gravidanza; la sindrome dell’ovaio policistico. In terzo luogo, ci sono i fattori di rischio che nella donna sono prevalenti: le malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, il lupus, la sclerodermia, la miastenia, la tiroidite hanno conseguenze più impattanti nella donna».
(Salute, Il Mattino)

COSA SUCCEDE AL CUORE QUANDO SI FA ATTIVITÀ FISICA?

Lo dicono tutti i medici: fare attività fisica fa bene al cuore. Ma cosa succede al cuore quando si corre o si cammina a passo svelto?

Che praticare esercizio fisico aerobico abbia effetti benefici sulla prevenzione e la riduzione del rischio cardiovascolare è ormai un fatto noto da anni, anche se i meccanismi non sono sempre conosciuti e potrebbero derivare da numerosi fattori, ormonali, meccanici, locali e sistemici – . Quando si fa esercizio fisico con continuità e costanza, ma soprattutto se si pratica un’attività aerobica come la corsa, camminare a passo svelto, o passeggiare in montagna, a livello cardiaco aumenta la formazione locale e anche sistemica, cioè in tutto il sistema cardiocircolatorio incluse arterie, vene e capillari, di un fondamentale vasodilatatore, il nitrossido di azoto (NO), che favorisce la vasodilatazione arteriosa, cioè la dilazione delle pareti delle arterie, aiutando quindi anche la diminuzione dei valori della pressione.

Inoltre, l’attività fisica costante provoca una diminuzione della frequenza cardiaca a riposo, cioè quando non si svolge alcune attività fisica, con il conseguente calo del consumo di ossigeno miocardico e calo della pressione arteriosa sistemica, mentre fornisce un aumento della gittata cardiaca e della forza di contrazione miocardica. Per questi motivi l’esercizio fisico aerobico è importante sia nel soggetto sano, sia nel paziente cardiopatico a cui è raccomandata come terapia non farmacologica per la gestione della malattia cardiaca.
(Salute, Humanitas)

ATTIVITÀ FISICA, FARLA SOLO NEL WEEKEND BASTA?

Gli sportivi del weekend possono stare tranquilli: fare attività fisica solo il fine settimana, nel rispetto delle linee guida internazionali, è comunque benefico.

A suggerire un’associazione tra questo modo di fare attività fisica e la riduzione della mortalità è uno studio pubblicato su Jama Internal Medicine. I ricercatori hanno messo a confronto le abitudini di 63.591 individui di almeno 40 anni di età.

Il team ha identificato diversi profili:
1. i sedentari,
2. chi svolgeva attività fisica regolarmente nell’arco della settimana
3. i cosiddetti weekend warriors, i guerrieri del fine settimana, ovvero chi svolgeva 150 minuti di attività fisica a intensità moderata o 75 a intensità più vigorosa in una o due sessioni tra sabato e domenica (o comunque in una o due occasioni a settimana). 150 o 75 minuti sono le soglie raccomandate dalle linee guida internazionali.


MORTALITÀ PIÙ BASSA TRA GLI SPORTIVI REGOLARI
Rispetto agli inattivi, tra i weekend warriors il rischio di mortalità generale era più basso del 30%, quello per malattie cardiovascolari del 40% e quello per cancro del 18%. Le riduzioni del rischio, però, erano simili tra questi sportivi e gli individui che, sebbene attivi, non rispettavano i livelli di attività fisica settimanali raccomandati. Secondo alcuni dati, infine, i rischi di mortalità erano più bassi tra chi si allenava regolarmente. Lo studio, presenta delle limitazioni: la popolazione analizzata non è perfettamente rappresentativa e i dati sull’attività fisica sono stati autoriferiti e quindi suscettibili di errore. In ogni caso, concludono, non è emerso alcun rapporto di causalità fra livelli di attività fisica e riduzione della mortalità.

ESSERE O DIVENTARE WEEKEND WARRIOR È UNA BUONA SOLUZIONE PER FARE ATTIVITÀ FISICA?
«Fare attività fisica una volta a settimana a intensità maggiore è vantaggioso per la salute a patto che l’individuo sia in salute e allenato», risponde la prof.ssa Daniela Lucini, resp. della Sezione di Medicina dell’Esercizio dell’ospedale Humanitas. «Se l’apparato muscoloscheletrico è in forma, non si soffre di disturbi come anche un semplice mal di schiena, allora è possibile concentrare la quantità settimanale di attività fisica in una sola occasione. Anche l’età è un fattore di cui tener conto, ma la condizione necessaria e sufficiente per fare attività fisica in questo modo – è quella di godere di una buona salute cardiorespiratoria e muscolo-articolare». Lo studio suggerisce, tuttavia, che il rischio di mortalità era più basso in chi si allenava regolarmente: «L’ideale sarebbe suddividere i 150 o 75 minuti nell’arco della settimana in modo tale da mantenere attivo il metabolismo sempre, abituando l’organismo al movimento costante. Fare attività fisica in questo modo è più vantaggioso in alcuni situazioni come, ad es., per chi è affetto da diabete per cui è consigliabile controllare la glicemia con un movimento che sia quotidiano».

IL MESSAGGIO DA MEMORIZZARE È: “MUOVETEVI!”
«La quantità di attività fisica può essere modulata a seconda delle esigenze per raggiungere le soglie raccomandate ma anche sotto questi livelli va bene. Qualsiasi cosa in più della sedentarietà è sempre ben accetto: anche una camminata a passo veloce una volta a settimana va bene sebbene le ricadute in termini di prevenzione cardiovascolare siano poco rilevanti».
(Salute, Humanitas)

FARE ESERCIZIO PIÙ DI 3 VOLTE A SETTIMANA RIPULISCE LE ARTERIE

Dalle 2 alle 3 volte a settimana è sufficiente solo a liberarne alcune: fare esercizio più di 4 volte alla settimana invece sarebbe in grado ripulire letteralmente le arterie.

Che l’esercizio fisico facesse bene al cuore e alla circolazione era risaputo. Secondo uno studio la differenza la farebbe un allenamento molto più frequente.

FARE ESERCIZIO: I BENEFICI PER IL CUORE
Bisognerebbe esercitarsi 4 o 5 volte alla settimana nel corso della vita per frenare il progressivo e naturale irrigidimento delle arterie principali che portano il sangue al cuore. Qualsiasi forma di esercizio infatti riduce il rischio di problemi cardiaci. Ma la giusta quantità di esercizio fisico al momento giusto nella vita potrebbe invertire l’invecchiamento del cuore e dei vasi sanguigni. Lo studio, pubblicato su The Journal of Physiology, ha esaminato l’attività fisica di 102 persone intorno con più di 60 anni, mettendola in relazione con la rigidità delle loro arterie e dimostrando che si può invertire il rischio cardiaco con l’esercizio. I ricercatori hanno scoperto che le persone che si erano esercitate 4 o 5 volte alla settimana (30 min. per sessione) per tutta la vita avevano arterie centrali, quelle che forniscono sangue al torace e all’addome, più sane. Due o tre sessioni di allenamento a settimana, invece, hanno mantenuto solo alcune arterie in salute.

Il PARERE di HUMANITAS
“L’ideale sarebbe andare a correre almeno 3 volte alla settimana per mezzora ad un ritmo di 10 km all’ora: certo, per fare questo serve preparazione, non ci si può improvvisare. Alle persone non allenate o in presenza di alcune patologie che non permettono di fare della corsa il proprio sport il consiglio è quello della camminata veloce almeno mezz’ora al giorno, ma più di 4 volte alla settimana, altrimenti non vi sono gli effetti benefici”.
(Humanitas)

CUORE: i 4 Comandamenti per mantenerlo Forte e Sano

Per prevenire le malattie cardiovascolari è importante non fumare, fare attività fisica, seguire una dieta sana, andare dal medico in tempo.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) lo dice chiaramente, le patologie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo e in Italia: il 44% di tutti i decessi. È infatti il sistema cardiocircolatorio, formato dal cuore e dai vasi sanguigni, che porta ossigeno e nutrienti a ogni cellula del corpo e che, al tempo stesso, porta via i rifiuti, ovvero le sostanze di scarto prodotte, fra cui l’anidride carbonica.

PREVENZIONE FIN DA GIOVANI.
I fattori di rischio per ictus, infarto e per le altre patologie cardiovascolari dipendono solo in parte dai geni, ma è anche vero che i componenti di uno stesso gruppo familiare tendono spesso a condividere gli stili di vita che, se sono sbagliati, favoriscono ictus e infarti. I cardiologi, lo ripetono sempre: non è mai troppo tardi per decidere di essere sani. Ecco, quindi, l’importanza di seguire, fin dalla giovane età, uno stile di vita che mantenga in salute il sistema cardiovascolare e quindi (anche) noi.
Per fare prevenzione basterebbe adottare quattro regole:
1. seguire una dieta sana ed equilibrata;
2. praticare un’attività fisica regolare,
3. non fumare e bere poco alcol;
4. fare controlli ed esami medici in tempo.

RESTARE MAGRI.
La forma fisica è fondamentale: il girovita negli uomini non dovrebbe superare il metro, quello delle donne gli 88 cm. Per es., la donna a mela, ovvero quella con il grasso attorno all’addome, ha un rischio cardiovascolare elevato. Bisogna quindi seguire una dieta sana ed equilibrata, e l’ideale è la mediterranea: tanta frutta, verdura e pesce, legumi, cereali integrali. Poco sale, grassi, dolci. Carne bianca (pollo, coniglio, tacchino) al posto di quella rossa.

FARE SPORT.
Almeno mezz’ora al giorno di attività fisica riduce di un quarto il rischio di malattie cardiache. I 30 minuti possono anche essere diluiti nel corso della giornata ma è davvero importante la regolarità. Ovviamente, chi non è allenato non dovrebbe sottoporre il proprio fisico a sforzi eccessivi senza aver fatto un controllo medico preventivo. Per la circolazione, inoltre, è utile non restare seduti lungo. Chi fa un lavoro sedentario e resta inchiodato alla scrivania per ore, dovrebbe per es. tenere le gambe leggermente rialzate da un poggiapiedi, e alzarsi ogni tanto per sgranchirsi le gambe.

NON FUMARE (E POCO ALCOL).
Il fumo contiene circa 4.800 sostanze chimiche e molte di queste danneggiano il cuore e i vasi. Infatti, la probabilità di contrarre una malattia cardiovascolare diminuisce già un anno dopo aver smesso di fumare. E poi attenzione all’alcol: la dose consigliata è di un bicchiere di vino al giorno, due per gli uomini. Gli adolescenti,soprattutto le ragazze, non dovrebbero berlo: non hanno ancora sviluppato gli enzimi per metabolizzarlo.

DAL MEDICO (IN TEMPO).
Mal di testa, anomalie del ritmo cardiaco, vampate di calore, ansia e sensazione di sbandamento: sono i segnali del corpo da non sottovalutare mai. Per questo è bene andare dal medico di fiducia per esami e controlli specifici una volta all’anno a partire dai 35 – 40 anni di età. Tra l’altro la tiroide delle donne, dopo la menopausa, può impazzire: attenzione quindi a improvvisi cali o aumenti di peso perché la tiroide che funziona male predispone alle malattie cardiovascolari.
(Humanitas)

La prima maratona fa ringiovanire di 4 anni

Uno studio ha quantificato i benefici per chi si misura per la prima volta con la maratona: negli anziani l’età vascolare si riduce di 4 anni.

L’anno nuovo è iniziato da poco, e sicuramente per molti di noi sulla lista di buoni propositi compare la voce “andare a correre”. Secondo la ricerca pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology è davvero un’ottima idea, specie se non avete più vent’anni: correre una maratona per la prima volta avrebbe infatti numerosi benefici sulla nostra salute, tra i quali diminuire la pressione sanguigna, la rigidità aortica (che aumenta con l’età) e, più in generale, ridurre l’età vascolare di circa 4 anni.

LA RICERCA Gli studiosi hanno esaminato i partecipanti prima e dopo la maratona, per determinare se la rigidità aortica fosse curabile attraverso l’esercizio fisico. Gli aspiranti maratoneti potevano seguire un allenamento di 17 settimane disegnato dai ricercatori stessi in preparazione alla corsa, oppure allenarsi per conto proprio. In media, le donne hanno completato la maratona in 5,4 ore, gli uomini in 4,5 ore.

L’AORTA RINGRAZIA Dai risultati emerge una diminuzione nella pressione sanguigna diastolica e sistolica rispettivamente di 4 e 3 mmHg. In generale, la rigidità aortica è diminuita, e la distensibilità (ovvero la capacità di gonfiarsi con la pressione sanguigna) dell’aorta distale è aumentata del 9%: l’equivalente di quasi quattro anni di riduzione dell’ “età aortica”. Inoltre, dallo studio emerge che i benefici sarebbero maggiori per gli individui più anziani: «lo studio dimostra che, con l’attività fisica, in soli sei mesi è possibile contrastare gli effetti che l’età ha sui nostri vasi sanguigni». «È molto importante modificare il proprio stile di vita per rallentare i rischi associati all’invecchiamento: non è mai troppo tardi, come dimostrano i nostri corridori più anziani».

(Salute, Focus)