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UNA DIETA IPERPROTEICA È DANNOSA PER I RENI?

Fare una «scorpacciata» di proteine per un periodo lungo può avere conseguenze sulla salute dei reni. E i benefici per la linea non sono scontati

Se si decide di seguire un regime dietetico iperproteico, è fondamentale parlarne al proprio medico perché, come dimostrano diversi studi, ci potrebbero essere conseguenze negative sulla salute. Se non dura troppo a lungo, la scorpacciata di proteine non crea grandi problemi a chi gode di una buona salute renale, ma può invece risultare pericolosa per chi soffre di disturbi ai reni e può aumentare il rischio di calcoli renali in chi è predisposto. Inoltre, l’esclusione di interi gruppi di alimenti – in alcune fasi della dieta Dukan, per esempio, verdura e frutta sono bandite – può tradursi in carenze di nutrienti e in un conseguente senso di stanchezza o in problemi intestinali (se mancano le fibre). Infine, anche i vantaggi sulla bilancia non risultano così stabili come molti vorrebbero. Un sondaggio condotto su quasi cinquemila persone che avevano seguito la dieta Dukan ha dimostrato infatti che nel 70% dei casi il peso è tornato quello di partenza nel giro di tre anni.

(Salute, Fondazione Veronesi)

Un aiuto contro la sindrome dell’intestino irritabile: la dieta LOW-FODMAP

La Sindrome dell’Intestino Irritabile (SII in italiano o IBS in inglese: Irritable Bowel Syndrome) è un disturbo a carico dell’intestino crasso che si manifesta con intensità diversa ed è prevalentemente caratterizzato da dolore e gonfiore addominale associati a variazioni dell’alvo (stipsi e/o diarrea).

La prevalenza di questa sindrome in Italia è del 10.7% nelle donne e del 5,4% negli uomini. La dieta LOW-FODMAP, opportunamente prescritta dallo specialista di riferimento, si fa particolarmente utile nel contrasto di questa patologia.

Cos’è la dieta LOW-FODMAP?
La dieta LOW-FODMAP (Fermentable Oligosaccharides Disaccharides Monosaccharides And Polyols cioè oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili) si basa sull’assunzione di cibi con basso impatto fermentativo in modo da ripristinare un adeguato microbiota. I FODMAP sono scarsamente assorbiti a livello intestinale, possiedono un elevato potere osmotico – cioè richiamano acqua – e vengono velocemente fermentati dai batteri intestinali determinando la tipica sintomatologia della sindrome dell’intestino irritabile. Nel 2008 un gruppo di ricercatori australiani della Monash University di Melbourne pubblicò una ricerca nella quale si ipotizzava che gli alimenti che contenevano determinati tipi di carboidrati potessero peggiorare i sintomi di alcuni disordini gastrointestinali, come la sindrome dell’intestino irritabile e le malattie infiammatorie intestinali. La dieta LOW-FODMAP nel corso degli anni ha riscosso un interesse crescente grazie ai buoni risultati evidenziati in molti studi scientifici. Diversi studi clinici hanno evidenziato che il 70% dei pazienti che seguivano una dieta povera di carboidrati scarsamente assorbibili e molto fermentabili manifestava un notevole miglioramento soprattutto relativamente al gonfiore ed al dolore addominale. È stato visto che una ridotta assunzione di latte, cereali, legumi e frutta migliorava sensibilmente la qualità di vita dei pazienti affetti dalla sindrome dell’intestino irritabile. Una recente revisione sistematica con metanalisi di 12 studi pubblicata all’inizio del 2021 sull’European Journal of Nutrition ha confermato l’efficacia di una dieta a basso contenuto di FODMAP nella riduzione dei sintomi gastrointestinali e nel miglioramento della qualità di vita nei soggetti con sindrome dell’intestino irritabile rispetto alle diete di controllo, specifiche per quella stessa sindrome, ma diverse dalla dieta LOW-FODMAP.

Dieta LOW-FODMAP: gli alimenti da evitare
Frutta fresca come albicocche, avocado, cachi, ciliegie, datteri, fichi, mango, mele, more, pere,
pesche, prugne, nespole;
frutta secca (anacardi e pistacchi);
verdure come aglio, asparagi, barbabietole rosse, carciofi, cavolfiore, cipolla, funghi, mais, porri
Cereali: grano, orzo, kamut, segale
Legumi
Latte e suoi derivati: yogurt, kefir, formaggi a pasta molle, latte di mucca, capra e pecora, gelato
bevande alcoliche e succhi di frutta

Dieta LOW-FODMAP: gli alimenti consigliati
– Frutta come ananas, banana, arancia, limone, mandarino, kiwi, uva
– Frutta secca: mandorle, nocciole, noci, semi di zucca, di girasole, di lino, di sesamo
– Verdure come bietole, carote, cetrioli, fagiolini, finocchi, zucchine, lattuga, pomodori, erbe aromatiche (tutte), spinaci, zenzero
Cioccolato fondente
Formaggi a pasta dura e prodotti lattiero-caseari senza lattosio
Carne e pollame non trasformati, pesce, uova, tofu
Cereali senza glutine
La dieta LOW-FODMAP – e di conseguenza gli alimenti consigliati e da evitare – va eseguita dopo la visita dallo specialista.
(Salute, Humanitas)

CUORE: i 4 Comandamenti per mantenerlo Forte e Sano

Per prevenire le malattie cardiovascolari è importante non fumare, fare attività fisica, seguire una dieta sana, andare dal medico in tempo.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) lo dice chiaramente, le patologie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo e in Italia: il 44% di tutti i decessi. È infatti il sistema cardiocircolatorio, formato dal cuore e dai vasi sanguigni, che porta ossigeno e nutrienti a ogni cellula del corpo e che, al tempo stesso, porta via i rifiuti, ovvero le sostanze di scarto prodotte, fra cui l’anidride carbonica.

PREVENZIONE FIN DA GIOVANI.
I fattori di rischio per ictus, infarto e per le altre patologie cardiovascolari dipendono solo in parte dai geni, ma è anche vero che i componenti di uno stesso gruppo familiare tendono spesso a condividere gli stili di vita che, se sono sbagliati, favoriscono ictus e infarti. I cardiologi, lo ripetono sempre: non è mai troppo tardi per decidere di essere sani. Ecco, quindi, l’importanza di seguire, fin dalla giovane età, uno stile di vita che mantenga in salute il sistema cardiovascolare e quindi (anche) noi.
Per fare prevenzione basterebbe adottare quattro regole:
1. seguire una dieta sana ed equilibrata;
2. praticare un’attività fisica regolare,
3. non fumare e bere poco alcol;
4. fare controlli ed esami medici in tempo.

RESTARE MAGRI.
La forma fisica è fondamentale: il girovita negli uomini non dovrebbe superare il metro, quello delle donne gli 88 cm. Per es., la donna a mela, ovvero quella con il grasso attorno all’addome, ha un rischio cardiovascolare elevato. Bisogna quindi seguire una dieta sana ed equilibrata, e l’ideale è la mediterranea: tanta frutta, verdura e pesce, legumi, cereali integrali. Poco sale, grassi, dolci. Carne bianca (pollo, coniglio, tacchino) al posto di quella rossa.

FARE SPORT.
Almeno mezz’ora al giorno di attività fisica riduce di un quarto il rischio di malattie cardiache. I 30 minuti possono anche essere diluiti nel corso della giornata ma è davvero importante la regolarità. Ovviamente, chi non è allenato non dovrebbe sottoporre il proprio fisico a sforzi eccessivi senza aver fatto un controllo medico preventivo. Per la circolazione, inoltre, è utile non restare seduti lungo. Chi fa un lavoro sedentario e resta inchiodato alla scrivania per ore, dovrebbe per es. tenere le gambe leggermente rialzate da un poggiapiedi, e alzarsi ogni tanto per sgranchirsi le gambe.

NON FUMARE (E POCO ALCOL).
Il fumo contiene circa 4.800 sostanze chimiche e molte di queste danneggiano il cuore e i vasi. Infatti, la probabilità di contrarre una malattia cardiovascolare diminuisce già un anno dopo aver smesso di fumare. E poi attenzione all’alcol: la dose consigliata è di un bicchiere di vino al giorno, due per gli uomini. Gli adolescenti,soprattutto le ragazze, non dovrebbero berlo: non hanno ancora sviluppato gli enzimi per metabolizzarlo.

DAL MEDICO (IN TEMPO).
Mal di testa, anomalie del ritmo cardiaco, vampate di calore, ansia e sensazione di sbandamento: sono i segnali del corpo da non sottovalutare mai. Per questo è bene andare dal medico di fiducia per esami e controlli specifici una volta all’anno a partire dai 35 – 40 anni di età. Tra l’altro la tiroide delle donne, dopo la menopausa, può impazzire: attenzione quindi a improvvisi cali o aumenti di peso perché la tiroide che funziona male predispone alle malattie cardiovascolari.
(Humanitas)

QUALI CIBI FANNO BRUCIARE PIÙ CALORIE DI QUANTE NE CONTENGONO?

Ogni volta che mangiamo qualcosa, introduciamo nel nostro organismo un certo numero di calorie, che si trasformano in energia subito disponibile.

Non solo, lo stesso atto del mangiare ce ne fa già bruciare alcune: pensiamo alla masticazione o alla digestione, azioni che richiedono un dispendio di energia e una produzione di calore da parte del nostro organismo. Questo meccanismo, detto termogenesi, varia da alimento ad alimento: in base al calore prodotto si consumeranno più o meno calorie. Vediamo insieme quali alimenti sono particolarmente termogenici e fanno quindi consumare più calorie di quelle che, effettivamente, hanno

CAVOLFIORI E ASPARAGI
I cavolfiori sono un toccasana per la nostra dieta e forniscono all’organismo meno energia di quella che serve alla loro assimilazione: siamo sulle 25 calorie ogni 100 grammi. Sono inoltre molto utili nel tenere sotto controllo la glicemia, danno un senso di sazietà e, grazie all’alto quantitativo di fibre, concorrono alla salute dell’intestino. Gli asparagi, invece, sono costituiti per la maggior parte d’acqua e contengono circa 20 calorie ogni 100 grammi. Stimolano la diuresi, forniscono fibre che promuovono il buon funzionamento dell’intestino e aiutano a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo e di zuccheri nel sangue. Sono altresì privi di colesterolo e molto poveri di sodio, caratteristiche che li rendono un alleato prezioso contro la ritenzione idrica.

ZUCCHINE, CETRIOLI E SEDANO
Queste verdure hanno in comune un apporto calorico bassissimo: le zucchine contengono circa 21 calorie ogni 100 grammi, il sedano 16 e i cetrioli addirittura 15. Questo perché hanno un elevato contenuto d’acqua e sono particolarmente adatti nelle diete ipocaloriche. Le zucchine hanno poi proprietà diuretiche, il sedano aiuta a sentirsi sazi più velocemente e i cetrioli, ricchi di potassio, ferro e calcio, sono adatti a riequilibrare acqua e sali minerali persi durante l’attività fisica.

Frutta: fragole, mele, agrumi, papaya Limoni, arance, mandarini
Gli agrumi sono ricchissimi d’acqua e contengono un numero di calorie davvero esiguo. Ogni 100 grammi, i limoni ne contengono circa 29, mentre le arance 45. Grazie al potassio aiutano a contrastare la ritenzione idrica e aumentano la sensazione di sazietà. Le fragole apportano appena 27 calorie: oltre al modesto contenuto di fibre, contengono antiossidanti in grado di controllare il livello degli zuccheri del sangue e a prevenire alcune patologie, come il diabete. Leggermente più calorica è la papaya: siamo intorno alle 43 calorie ogni 100 grammi. È un’ottima fonte di antiossidanti che aiutano a proteggere la salute cardiovascolare e a ridurre il rischio di cancro del colon. Le mele contengono circa 52 calorie per 100 grammi. Il limitato apporto di grassi e sodio le rende ideali per la salute del sistema cardiovascolare; la pectina contenuta nella buccia aiuta a ridurre i livelli di colesterolo nel sangue e a normalizzare quelli di zuccheri e di insulina.

Proteine animali: carne, pesce, uova
Anche tra le proteine animali ci sono alcuni alimenti particolarmente termogenici: i crostacei, i frutti di mare, le carni bianche e le uova, ad es., comportano un elevato dispendio energetico, se confrontato con le calorie che si assumono mangiandoli. Si tratta di cibi che andrebbero consumati in quantità controllata, in quanto le proteine animali possono affaticare i reni. Per quanto riguarda il pesce, segnaliamo il pesce azzurrosardine, acciughe, sgombro – particolarmente ricco di omega 3, ma anche il salmone: sono pesci altamente proteici e ricchi di grassi “buoni”, che possono essere mangiati anche due o tre volte alla settimana.
(Salute, Humanitas)

DIETA: quali sono le esigenze di una PERSONA ANZIANA?

Il calo del fabbisogno energetico comporta una rivisitazione della dieta nella terza età.

Al progredire dell’età, l’attività fisica diminuisce e quindi diminuisce il fabbisogno energetico. In più, intorno ai 75 anni, si riduce la massa magra e con essa si riduce anche il metabolismo basale. Di conseguenza, se non si adegua l’apporto calorico alla nuova realtà, si rischia di ingrassare. A parte che per la quantità di calorie totali, l’alimentazione di una persona anziana non è però diversa da quella di un soggetto più giovane. Le cose cambiano soltanto se si è in presenza di alcune condizioni: come il diabete, una dislipidemia, l’iperuricemia e se si è obesi. Se è presente una di queste condizioni, allora sì: la dieta va opportunamente calibrata. L’unica vera differenza è che nell’età avanzata aumenta un po’ il fabbisogno di proteine. Alcuni nutrienti di cui spesso la persona anziana è carente sono calcio e ferro, sono quindi consigliati alimenti proteici come latte, formaggi, uova, pesce e carne (preferenzialmente carne magra e pollame). Gli alimenti di origine animale contengono la vitamina B12 (cobalamina), di cui gli anziani possono essere carenti per via di disordini al sistema gastrointestinale che causano il malassorbimento di alcune sostanze. Altra vitamina che manca frequentemente agli anziani, per via della scarsa esposizione ai raggi solari, è la vitamina D. Per quest’ultima, soltanto dopo averne accertato l’effettiva carenza, spesso i geriatri optano per una supplementazione. Va limitato il consumo di zuccheri raffinati, grassi, formaggi stagionati e salumi. Per facilitare la digestione, è meglio distribuire la dieta nell’arco della giornata, facendo piccoli pasti. La scelta e la preparazione dei cibi deve tenere conto di eventuali problemi a masticare o deglutire. Consumare ogni giorno frutta e verdura, oltre a fornire importanti nutrienti e fibra alimentare, aiuta ad assumere una sufficiente quantità di acqua.
(Fondaz. Veronesi)

MAL DI STOMACO, MANGIARE BENE AIUTA

Le malattie gastroenterologiche, pur essendo tra le patologie più diffuse nel nostro Paese, sono spesso sottovalutate e peggiorate da un’alimentazione poco attenta.

Che ruolo ha l’alimentazione nella prevenzione gastroenterologica? «Una dieta sana ed equilibrata è importante per il corretto funzionamento dell’organismo e per la salute del nostro corpo. Nel caso delle più comuni patologie a carico dell’apparato digerente, come il reflusso gastroesofageo, la stipsi e la gastrite, l’alimentazione è fondamentale per non peggiorare la situazione. In altri casi però, come nell’ulcera peptica, la causa è da ricercare nell’infezione da Helicobacter Pylori e non ha correlazione con l’alimentazione».

Quali consigli per chi soffre di queste patologie?
«Le persone colpite da stipsi, reflusso o gastrite dovrebbero assicurarsi una dieta ricca di fibre (frutta e verdura), dovrebbero evitare di consumare cibi troppo grassi o raffinati, moderare il sale, le bibite e i prodotti zuccherati. È importante bere molta acqua: una corretta idratazione aiuta il funzionamento dell’apparato digerente. Occorre poi prestare attenzione ai cosiddetti cibi irritanti, che peggiorano la situazione: cioccolato, caffè, pomodori, agrumi, fritti, vino».

Ci sono attenzioni particolari che è bene adottare?
«Chi soffre di patologie gastroenterologiche dovrebbe evitare di fumare: l’associazione molto diffusa del fumo con il caffè è dannosa. È inoltre opportuno lasciar trascorrere due-tre ore tra la fine della cena e il momento in cui si va a dormire, in maniera tale da consentire un’adeguata digestione. Chi è soggetto a sensazione di pesantezza postprandiale dovrebbe fare piccoli pasti più frazionati nell’arco della giornata e assicurarsi una cena leggera. In generale, sarebbe bene preferire alimenti più leggeri a cena, anche se il nostro stile di vita ci porta a mangiare qualcosa al volo a pranzo e a consumare una cena abbondante e particolarmente elaborata: questo appesantisce l’apparato digerente con comparsa di bruciori fastidiosi durante la notte che possono essere spesso una causa di insonnia. Anche lo stress è un fattore peggiorativo, in alcuni casi addirittura scatenante».
(Salute, Humanitas)

PERCHÉ PUR FACENDO LA DIETA ALCUNI NON RIESCONO A DIMAGRIRE?

Sono numerosi i motivi che possono ridurre l’efficacia di una dieta per cui alcuni, pur a dieta, non riescono a dimagrire.

Il primo motivo per cui alcuni faticano a dimagrire è la mancanza di attività fisica associata alla dieta. L’attività fisica non deve essere intesa solo come sport, ma come stile di vita attivo: ben venga andare in palestra o correre 2-3 volte a settimana ma è utile muoversi anche negli altri giorni ed evitare di passare la giornata seduti. Per notare già la differenza tra fare solo la dieta ed essere anche attivi tutti i giorni, è sufficiente inserire nella routine quotidiana piccoli percorsi a piedi o fare le scale. Un altro motivo per cui la dieta può far fatica a funzionare è da attribuire ai piccoli sgarri ripetuti, quelli di cui ci si rende meno conto:  un biscotto in più, il pezzetto di formaggio mentre si cucina, un boccone di pane, il cioccolato dopo cena. In questo caso tenere un diario alimentare e segnare ogni giorno tutto ciò che si mangia, può essere d’aiuto nell’individuare dove sono i principali errori.

Un altro sbaglio è avere un apporto proteico e di carboidrati insufficiente, cioè mangiarne meno rispetto al fabbisogno giornaliero: quando proteine e i carboidrati sono carenti in modo costante il nostro corpo è meno efficiente e il metabolismo rallenta, rendendo difficile dimagrire. Infine le diete ripetute che instaurano la sindrome dello yo-yo cioè le diete che promuovono un continuo dimagrire e riprendere peso, possono contribuire a modificare la composizione corporea aumentando la massa grassa e diminuendo la massa magra con conseguente rallentamento del metabolismo. Si instaura, spesso una fase di stallo durante la dieta in cui non si perde peso, a cui bisogna rispondere apportando le giuste modifiche alla dieta e all’allenamento.

(Salute, Humanitas)

CANCRO E ALIMENTAZIONE, MANGIA INTEGRALE!

Più fibre sulle nostre tavole. Una dieta in cui l’apporto di cereali integrali è considerevole può aiutare a prevenire il cancro. Ma in che modo una dieta ricca di fibre potrebbe ridurre il rischio oncologico?

In diversi modi, suggerisce l’Aicr, l’Istituto americano per la Ricerca sul cancro: può aiutare a tenere sotto controllo il peso corporeo, e sappiamo che l’eccesso di grasso è un fattore di rischio di diversi tipi di cancro; diversi cereali integrali sono un’ottima fonte di selenio, un minerale della proprietà antiossidanti. Inoltre alcuni componenti presenti nei cereali integrali sembrano aver effetto sull’espressione dei geni, su alcuni meccanismi cellulari e sull’infiammazione. Il tumore al colon-retto è il tipo di cancro in cui l’associazione con una dieta ricca di fibre è più forte. Questo perché le fibre aiuterebbero ad allontanare dal tratto digestivo alcune sostanze nocive. Come riferisce l’Aicr, l’Associazione italiana per la Ricerca sul Cancro, particolarmente utili sono le fibre alimentari, in particolare quelle che non vengono digerite, come la crusca. Secondo l’istituto americano ogni 10 grammi di fibre alimentari in più, il rischio di tumore al colon-retto scenderebbe del 10%. Diversi studi sono stati condotti anche sull’associazione tra consumo di fibre e cereali integrali e altri tipi di tumore, come quello alla mammella. Infine, come accennato, con un’alimentazione ricca di fibre si può aiutare a controllare il peso corporeo. Diversi studi – suggeriscono che consumare cereali integrali piuttosto che zuccheri raffinati indurrebbe una perdita di grasso, in particolare addominale, soprattutto se il consumo di cereali integrali è inserito in una dieta ad apporto calorico ristretto.

Insalate di orzo e farro, un’idea per consumare cereali integrali in estate
Il consiglio di mangiare integrale è largamente condiviso: i benefici sono diversi e non solo in chiave di prevenzione oncologica. Ma come poter realmente consumare più prodotti ricchi di fibre? «Bisogna essere accorti quando si fa la spesa». «Leggete sempre l’etichetta per avere la certezza di avere in mano un prodotto davvero integrale, con un quantitativo sufficiente di fibre (almeno il 10%)». «Non basta comprare alimenti che siano “ai 5 cereali” o che abbiano un accattivante colore bruno. Tutti i cereali – dal riso al farro all’orzo – possono essere integrali o meno: la sola presenza di questi cereali non è garanzia di prodotto integrale. Per rendere più sana la propria dieta si possono consumare cereali integrali a colazione; mangiare pane e riso integrali; magari prepararsi insalate di orzo e farro. E non cedere ai prodotti confezionati, dunque troppo lavorati, come croissant integrali che possono nascondere conservanti, grassi e zuccheri raffinati», conclude la specialista.

(Salute, Humanitas)

LA PASTA FA INGRASSARE?

Mangiare pasta ogni giorno non farebbe ingrassare.

La conferma arriva da uno studio dell’Irccs Neuromed di Pozzilli, in provincia di Isernia, che dimostra come il consumo di pasta sia in realtà associato a una riduzione dell’obesità. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nutrition and Diabetes. I ricercatori hanno setacciato i dati relativi a oltre 23mila persone arruolate in due grandi studi: Molisani e Inhes (Italian Nutrition & HEalth Survey). Dall’analisi dei numeri e delle abitudini alimentari degli individui è emerso che il consumo di pasta non era associato a un aumento del peso corporeo, tutt’altro. Mangiare uno dei piatti tipici della dieta italiana era associato a un profilo migliore: un Indice di massa corporea inferiore, una minore circonferenza addominale e un miglior rapporto vita-fianchi, riferiscono i ricercatori.

ELIMINARE LA PASTA PER DIMAGRIRE È UN ERRORE Le conclusioni a cui arriva la ricerca sono in linea con quanto sostenuto da altri recenti studi realizzati negli Stati Uniti e in Grecia. E’ possibile rispondere in maniera secca a questa domanda: “la pasta fa ingrassare o no?” «No, come per ogni altro alimento: nessun alimento fa dimagrire in assoluto». Una cosa è certa: «Chi cerca di dimagrire eliminando la pasta dalla sua dieta sbaglia perché i carboidrati sono indispensabili. Ogni nutriente ci è utile di per sé e ancor di più in sinergia con gli altri in relazione ai fabbisogni, diversi per ciascuno. La partita si gioca con le giuste porzioni, i grammi di pasta consumati ogni giorno e nell’equilibrio con il resto degli alimenti». (Salute, Humanitas)

UNA DIETA IPERPROTEICA È DANNOSA PER I RENI?

Fare una «scorpacciata» di proteine per un periodo lungo può avere conseguenze sulla salute dei reni. E i benefici per la linea non sono scontati

Se si decide di seguire un regime dietetico iperproteico, è fondamentale parlarne al proprio medico perché, come dimostrano diversi studi, ci potrebbero essere conseguenze negative sulla salute.
Se non dura troppo a lungo, la scorpacciata di proteine non crea grandi problemi a chi gode di una buona salute renale, ma può invece risultare pericolosa per chi soffre di disturbi ai reni e può aumentare il rischio di calcoli renali in chi è predisposto. Inoltre, l’esclusione di interi gruppi di alimenti – in alcune fasi della dieta Dukan, per esempio, verdura e frutta sono bandite – può tradursi in carenze di nutrienti e in un conseguente senso di stanchezza o in problemi intestinali (se mancano le fibre). Infine, anche i vantaggi sulla bilancia non risultano così stabili come molti vorrebbero. Un sondaggio condotto su quasi cinquemila persone che avevano seguito la dieta Dukan ha dimostrato infatti che nel 70% dei casi il peso è tornato quello di partenza nel giro di tre anni.

(Salute, Fondazione Veronesi)