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INFLUENZA: gli Alimenti da Preferire e quelli da Evitare

Nel periodo invernale l’influenza è, spesso, dietro l’angolo.

La debolezza diffusa, unita a una carenza d’appetito può portare a mangiare meno, e non sempre nella maniera più ottimale alla nostra situazione. Una dieta varia ed equilibrata, che sia rispettosa della stagionalità, è l’ideale in caso di influenza. Abbiamo chiesto alla dottoressa Francesca Albani, dietista di Humanitas San Pio X, quali alimenti sia meglio mangiare, e quali evitare, quando questa condizione ci mette “ko”.

La tendenza al “digiuno” è da evitare
L’inappetenza è molto comune, in caso di influenza: non viene magari spontaneo sedersi a tavola e consumare pasti completi e bilanciati, specie se alla patologia è accompagnata febbre, tosse, raffreddore, mal di gola . Quando siamo influenzati, però, il nostro organismo ha bisogno di reintegrare tutta una serie di principi nutritivi fondamentali proprio per velocizzare la guarigione. Per questo bisogna cercare di “sforzarsi” un minimo, e di non cedere alla svogliatezza. Infatti il sistema immunitario ha bisogno di energie per combattere e vincere lo stato influenzale in cui si trova il nostro organismo: per farlo, è bene preferire alimenti digeribili e leggeri, ma anche nutrienti.

Quali sono i cibi da preferire quando si ha l’influenza?
Prima di tutto sono importantissime le vitamine, soprattutto la vitamina C e la vitamina E, e i minerali, come il ferro e lo zinco. La frutta e la verdura sono quindi gli alimenti ideali, sia per la loro veloce digeribilità, sia per il fatto che non sono “impegnativi” a livello dello stomaco. Inoltre, per contrastare la spossatezza, si può optare per zuppe, minestre e piatti caldi, che oltre a essere facilmente assimilabili, permettono di reintrodurre nel nostro organismo anche un quantitativo di acqua e sali minerali consistente. Di seguito alcuni alimenti particolarmente indicati: tra la frutta, le arance, i kiwi e i mandarini; tra la verdura, gli ortaggi della famiglia dei cavoli e dei broccoli; Ottime anche le zuppe calde, a base di legumi e cereali, che hanno una composizione equilibrata dal punto di vista nutrizionale.

Quali, invece, i cibi da evitare?
Per contro, bisognerebbe evitare di mangiare cibi troppo elaborati, fritti o ricchi di grassi, e in generale quegli alimenti le cui preparazioni possono rendere più difficoltoso il processo digestivo, andando a peggiorare il quadro di malessere. Per quanto riguarda le bevande, gli alcolici sono certamente da evitare, poiché danno un’illusione di calore appena assunti, ma causano vasocostrizione.

L’importanza dell’idratazione
Infine, ricordiamo che la prima cosa da fare è tornare a idratarsi a dovere. È quindi necessario bere tanta acqua, tè e tisane calde cui può essere aggiunto un po’ di miele, e magari optare per le spremute di agrumi. (Salute, Humanitas)

Perché il VACCINO ANTINFLUENZALE va ripetuto ogni anno?

A causa delle frequenti mutazioni, il virus influenzale potrebbe non essere riconosciuto dal sistema immunitario già pochi mesi dopo l’infezione

In Europa, i casi di influenza si verificano solitamente da gennaio alla prima metà di marzo, anche se questo arco di tempo può spostarsi avanti o indietro di qualche settimana. Al termine di questo periodo, il virus non scompare, ma continua a circolare spostandosi nell’emisfero boreale, dove inverno ed estate sono opposti rispetto alle nostre latitudini. I virus che causano l’influenza sono soggetti a cambiamenti (mutazioni) che li rendono sfuggenti. Per questo motivo, anche se si è contratta l’influenza in precedenza, non è detto che il nostro sistema immunitario sia in grado di riconoscere il virus che si ripresenta l’anno successivo. Questo meccanismo riguarda anche la vaccinazione antinfluenzale. Facciamo un esempio pratico. Durante la stagione invernale 2018-19, ricercatori ed epidemiologi hanno rilevato i ceppi influenzali circolanti più comuni in Italia e in Europa. Il vaccino per la stagione successiva (2019-20) è così stato prodotto nei primi mesi dell’anno 2019 per essere pronto alla distribuzione entro ottobre. Chi produce i vaccini, tuttavia, non è sempre in grado di prevedere con massima esattezza come il virus muterà e quali saranno i ceppi virali che colpiranno in futuro. Viene dunque effettuata una scelta ponderata e i vaccini prodotti proteggeranno contro i ceppi più probabili. Sebbene questo meccanismo non sia perfetto (l’efficacia potrebbe non essere del cento per cento), garantisce comunque una protezione molto buona all’interno della popolazione, specialmente per le fasce più a rischio come gli anziani. Inoltre, bisogna ricordare che i virus influenzali si diffondono seguendo leggi matematiche. Nel caso in cui gran parte della popolazione sia vaccinata, l’infezione non trova possibili candidati in cui propagarsi. Questo contribuisce a diminuire di molto le possibilità del virus di circolare (proteggendo i più deboli). Anche un’arma imperfetta, dunque, può essere importantissima per difenderci e difendere chi è più esposto.
(Salute, Fondazione Veronesi)

VACCINO INFLUENZALE: DOVE RICHIEDERLO e chi ha DIRITTO a RICEVERLO GRATIS

Si parte con le categorie a rischio, come anziani e malati cronici. Il Ministero ha abbassato la soglia per la gratuità da 65 a 60 anni. Le differenze tra le Regioni

Vaccinarsi per aiutare i medici a capire quale malattia si ha, per non affollare gli ospedali ma anche per tutelare se stessi da possibili conseguenze gravi e allenare il sistema immunitario. La raccomandazione a difendersi contro i virus influenzali è ancora più forte con l’emergenza Covid-19 in corso. «La vaccinazione aiuterà nella diagnosi differenziale rispetto al coronavirus, ma ricordiamoci che l’influenza ha anche un suo impatto in termini di sofferenza» spiega Fabrizio Pregliasco, dell’Università degli Studi di Milano. Vaccinare più persone vorrà dire anche avere meno ricoveri. Le Regioni quest’anno lavorano per tutelare maggiormente la popolazione fragile rispetto al passato. Hanno acquistato 17 milioni di dosi, quasi il doppio del fabbisogno medio che si aggira sui 10 milioni.

Come e dove distribuirle
Nel rispetto delle distanze anti-Covid, è il nodo da sciogliere in queste settimane. E i pazienti «non fragili»? Potranno rivolgersi alle farmacie, che rischiano però di non avere abbastanza scorte.

Le priorità
Da chi si partirà con le iniezioni? Il Ministero della Salute indica le categorie da tutelare per prime, a cui il vaccino è offerto gratuitamente:
chi ha più di 65 anni,
chi ha malattie croniche,
tumori, basse difese immunitarie,
le donne incinte,
i lavoratori dei servizi pubblici,
chi è a contatto con gli animali,
i donatori di sangue.

Per questa stagione influenzale il Ministero dà la possibilità di allargare le maglie della gratuità anche ai 60-64enni. Lo faranno varie Regioni, come il Piemonte, la Lombardia, la Liguria, l’Abruzzo, l’EmiliaRomagna. La raccomandazione è estesa anche ai bambini tra i 6 mesi e i 6 anni ed è tradotta diversamente dalle autorità sanitarie. Il Piemonte, per es., suggerisce la vaccinazione solo per i fragili, la Lombardia la offre gratuitamente ai piccoli dai 2 ai 5 anni, l’Emilia la prevede a pagamento. C’è poi chi ha alzato l’asticella per spingere i cittadini a proteggersi. È il caso del Lazio, che aveva reso obbligatoria l’antinfluenzalee l’antipneumococcica per gli over 65 e il personale sanitario. Ai trasgressori sarebbe stato vietato l’accesso a luoghi come centri d’incontro e Rsa (nel caso degli anziani) o continuare a lavorare (per medici e infermieri). Una decisione contro cui sono stati presentati diversi ricorsi: il Tar ne ha accolto uno, annullando di fatto l’ordinanza. In Sicilia invece l’obbligo riguarda soltanto il personale sanitario.

A chi rivolgersi
Obbligatorio o raccomandato che sia, per ottenere lo «scudo» contro l’influenza il percorso è simile. «Bisogna fare riferimento al proprio medico di famiglia — continua Pregliasco — e verificare le informazioni della propria Asl, Ats o area vas ta». La maggioranza dei medici aderisce alla campagna e somministra il vaccino ai pazienti, organizzando un calendario di appuntamenti. La necessità di evitare assembramenti — per limitare il rischio di trasmissione del coronavirus — obbliga a predisporre spazi più ampi. E così in aggiunta agli ambulatori, si potrà ricevere il vaccino in palestre, centri anziani o tendoni in piazza (è il caso di Milano). In alternativa al medico, ci si può rivolgere ai centri vaccinali della propria zona. Il Lazio nelle scorse settimane ha ipotizzato anche il coinvolgimento dei farmacisti nella somministrazione, idea su cui si attende il parere del Comitato tecnico scientifico e che fa storcere il naso alla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri. Per i bambini è necessario consultare il pediatra: in alcune Regioni i dettagli operativi della campagna sono ancora in via di definizione.

Le date
Il Ministero ha invitato ad anticipare la partenza della campagna: in Liguria si inizierà il 5 ottobre, in Emilia il 12. La difficoltà a recuperare le dosi necessarie, vista l’ampia richiesta mondiale, e a mettere in piedi la macchina organizzativa ostacola però il rispetto di questa indicazione su tutto il territorio nazionale. «È bene prenotarsi entro dicembre — continua l’esperto —, serve una decina di giorni perché il vaccino abbia effetto. Di solito il picco dell’epidemia è a cavallo delle festività».

I tipi di vaccino
La battaglia contro l’influenza si sta preparando da tempo. «La decisione sulla composizione si prende a febbraio. Da due anni a questa parte l’Oms indica l’uso di vaccini quadrivalenti, che proteggono da quattro stipiti». In sostanza, un ombrello più ampio contro il virus. «A complicare le cose c’è fatto che il vaccino ha un’efficacia inferiore negli anziani». Su questi pazienti si può usare l’adiuvato, che contiene una sostanza per stimolare maggiormente la risposta immunitaria, oppure il vaccino ad alto dosaggio. In Lombardia debutta per i bambini il vaccino via spray nasale, finora mai usato in Italia, ma diffuso in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti. «Contiene virus vivo attenuato, adattato a vivere in un ambiente con temperatura inferiore a quella del corpo. Una volta spruzzato inizia l’infezione. Poi il virus muore».

Le dosi in farmacia
E chi non fa parte delle categorie per cui il vaccino è gratuito? Ci sarà la possibilità di farsi iniettare una dose, a patto di riuscire a comprarla (il costo oscilla dagli 8 ai 18 euro). Ogni anno circa 800 mila persone si rivolgono alle farmacie, che al momento però non hanno sufficienti scorte. «Il Sistema sanitario nazionale ha “requisito” le forniture — dice Pregliasco —, solo 250 mila dosi finora sono destinate alla ridistribuzione per uso privato». Troppo poche, per i Farmacisti. Si lavora a soluzioni diverse, compresa l’importazione dall’estero. L’uso della mascherina e il rispetto della distanza interpersonale aiuteranno poi a frenare non solo il coronavirus, ma anche l’influenza.
(Salute, Corriere)

Cinque domande sul nuovo coronavirus

Con le risposte della rivista Nature, per capire quanto sia pericoloso il virus cinese

Almeno 17 persone sono morte in Cina a causa del nuovo coronavirus (2019-nCoV), identificato alla fine dello scorso anno per la prima volta nella città di Wuhan, nella Cina centrale. Negli ultimi giorni le autorità locali hanno imposto limitazioni allo spostamento delle persone, per evitare che il virus si diffonda in altre aree del paese, in un periodo di grandi viaggi per le vacanze legate al Capodanno cinese. Mentre si lavora per contenere il rischio di un’epidemia, virologi e ricercatori in tutto il mondo stanno studiando 2019-nCoV per comprenderne meglio le caratteristiche, le modalità con cui si diffonde e per valutare gli effettivi rischi per la popolazione.

I ricercatori vogliono capire se 2019-nCoV abbia o meno la capacità di causare un alto numero di contagi come avvenne con la SARS, sindrome scoperta in Cina tra il 2002 e il 2003, che portò alla morte di oltre 770 persone in 37 paesi. Il nuovo virus ha diverse cose in comune con quello della SARS: fanno entrambi parte di una famiglia di virus, chiamata coronavirus, che causa numerose malattie, a partire dal raffreddore. Nelle persone con altri problemi di salute, come un sistema immunitario poco efficiente, 2019-nCoV può portare a polmoniti gravi e alla morte.

Il sito della rivista scientifica Nature ha messo insieme le cinque domande più importanti che i ricercatori si stanno facendo in questi giorni, per provare a comprendere come si evolverà la situazione. Trovate una sintesi delle risposte qui sotto, mentre per una guida più generale sul nuovo coronavirus cinese e le cose da sapere, potete consultare questo articolo spiegato bene.

Come si diffonde il virus?
Le autorità sanitarie cinesi hanno confermato che in alcuni casi il contagio si è verificato tra esseri umani, ma non è ancora chiaro se questa sia la norma o se la maggior parte dei contagi derivi dal passaggio del virus da animali.

Come spiegano gli epidemiologi, capire le modalità di trasmissione è essenziale per valutare se ci siano i rischi di un’epidemia vera e propria. Studiando i singoli casi, con l’analisi dei sintomi e della loro evoluzione, e calcolando la frequenza con cui si presentano, i ricercatori possono valutare la probabilità di contagi diretti tra le persone.

Quanto è letale il virus?
Nei primi giorni dopo la scoperta del virus, con casi di polmonite grave, i ricercatori hanno ipotizzato che 2019-nCoV potesse essere piuttosto aggressivo. Da qualche giorno i timori si sono ridotti, man mano che si sono avute notizie su centinaia di altri casi di contagio con sintomi meno gravi. Attualmente ci sono stati 17 morti riconducibili al nuovo coronavirus, su circa 500 contagi: la SARS si era rivelata da subito più pericolosa, con la morte del 10 per cento circa dei pazienti infettati dal virus che la causava. È ancora presto però per essere ottimisti o troppo pessimisti.

Da dove arriva il virus?
I coronavirus fanno compagnia a numerosi mammiferi e uccelli, quindi le autorità sanitarie cinesi e internazionali ritengono che i primi casi di contagio siano avvenuti da una o più specie di animali verso la nostra. Il luogo del primo contagio dovrebbe essere stato un mercato del pesce di Wuhan, ma non è chiaro da quale specie animale il nuovo coronavirus sia passato al primo infettato. L’identificazione della specie potrebbe aiutare a contenere il numero di nuovi contagi, ma non è semplice.

Stando alle informazioni genetiche raccolte finora, 2019-nCoV sembra essere imparentato con alcuni coronavirus noti per preferire soprattutto i pipistrelli. Ci sono però altri mammiferi sospettati, visto che nel caso della SARS il contagio era probabilmente avvenuto dagli zibetti.

Il mercato del pesce da dove si presume sia iniziato il contagio non vende solamente specie ittiche, ma anche animali di altro tipo. Le autorità locali stanno conducendo indagini su gabbie, contenitori e altri utensili nel mercato – ora chiuso al pubblico – alla ricerca di tracce che potrebbero aiutare a identificare la prima fonte del contagio.

Cosa ci dice la sequenza genetica del virus?
Il sequenziamento genetico, cioè l’analisi di come sono strutturate le informazioni genetiche che il virus utilizza per diffondersi, dovrebbero offrire ulteriori indizi sulle origini e il modo in cui si trasmette il nuovo coronavirus. Con una solerzia con pochi precedenti, i laboratori cinesi hanno già prodotto il sequenziamento di quasi 20 varianti del virus, da altrettante persone risultate infette. I dati sono di dominio pubblico e, analizzandoli, i ricercatori in diverse parti del mondo hanno notato una differenziazione inferiore al previsto.

La mancanza di marcate differenze genetiche suggerisce che l’antenato comune del nuovo coronavirus – quello che ha portato a tutto questo – sia probabilmente passato da altre specie a quella umana tra novembre e dicembre dello scorso anno, e che si sia poi diffuso rapidamente senza mutare più di tanto. Non è comunque ancora chiaro se la rapida diffusione sia avvenuta tra altri mammiferi, con sporadici passaggi alla nostra specie, o se abbia invece coinvolto più trasmissioni dirette tra esseri umani.

Ulteriori analisi dovrebbero aiutare i ricercatori a risolvere questo dubbio, importante per decidere come affrontare la situazione prima che diventi un’emergenza sanitaria vera e propria, magari su scala internazionale. Capire com’è fatto ora il nuovo coronavirus è inoltre essenziale per identificare rapidamente le sue prossime mutazioni, che potrebbero aiutarlo a diffondersi più facilmente tra la popolazione.

C’è una cura?
Con i virus è complicato produrre cure: solitamente l’obiettivo dei farmaci è tenere sotto controllo i sintomi che producono, in attesa che il sistema immunitario dei pazienti impari a contrastarli e a renderli innocui per la salute. Lo strumento più efficace passa dalla prevenzione, che nel caso dei virus si effettua con le vaccinazioni, in modo da istruire il sistema immunitario a fare i conti con queste minacce, ma senza che ci si debba ammalare con i rischi che ne conseguono. Produrre da zero un vaccino è però complicato e richiede anni di ricerche, quindi per ora il miglior strumento è ridurre al minimo il rischio di nuovi contagi, cercando di contenere le infezioni nell’area geografica dove si sono sviluppate. Nel caso del nuovo coronavirus, il problema è che l’infezione è avvenuta a Wuhan, una grande città con oltre 11 milioni di persone.

Un centro di ricerca di Pechino è al lavoro da tempo per sviluppare terapie che riescano a bloccare virus come 2019-nCoV o quello della SARS. L’idea è di trovare il modo di bloccare i recettori nelle cellule che vengono sfruttati dai virus come porta d’ingresso per colonizzarle. Cambiando la serratura, i virus non potrebbero iniettare il loro codice genetico nelle cellule, trovando l’ingresso chiuso per il contagio. La ricerca è stata finora orientata verso la SARS, ma se il sistema funzionasse potrebbe rivelarsi utile anche per altri coronavirus.

(ilpost.it)

DISINFETTARE LE MANI PUÒ AIUTARE A LIMITARE LA DIFFUSIONE DELL’INFLUENZA?

Gli studi per ora non sono conclusivi sull’efficacia dei dispenser con alcol nei luoghi pubblici. Lavare le mani con acqua e sapone resta un’importante strategia preventiva

È una delle prime regole che i genitori tentano di insegnare ai figli sin da piccoli. Ma è anche una di quelle che troppo spesso si tende a dimenticare: lavare le mani. Eppure è un’abitudine importantissima utile a prevenire la diffusione di influenza, batteri, virus. Non solo in ospedale, ma dappertutto. Non sempre però, quando si è fuori casa, ci sono acqua e sapone a disposizione. A volte poi subentra la pigrizia. Eppure, in vista della nuova stagione influenzale fra le strategie preventive utili per limitare la diffusione del virus c’è proprio anche la detersione frequente delle mani (le altre sono vaccinarsi, soffiare il naso o tossire in un fazzoletto per non mettere in circolo germi contagiosi, restare a casa dall’ufficio se si sta male).

LE RICERCHE Da tempo gli scienziati si stanno chiedendo se sia una misura efficace posizionare dispenser con disinfettanti per le mani nei luoghi pubblici (scuole, uffici comunali, impianti sportivi) per contenere la diffusione dell’influenza. In proposito la letteratura scientifica non è conclusiva. Uno studio condotto nel 2009 in college universitari ha dimostrato che l’igiene delle mani aggiunta all’uso delle mascherine per il viso non ha protetto di più dall’influenza rispetto al solo uso delle mascherine. Un’altra ricerca del 2014 nelle scuole elementari della Nuova Zelanda ha concluso che la fornitura dei disinfettanti non ha ridotto il tasso di assenteismo di alunni e insegnanti. Quindi la procedura non è utile? Non è detto. In altre ricerche è emerso che la pulizia delle mani con i disinfettanti ha ridotto il rischio di malattie respiratorie e gastroenteriti. Pochissimi studi sono però stati svolti durante epidemie di grandi dimensioni, quindi in realtà i potenziali benefici potrebbero essere anche maggiori.

I DUBBI «Sul tema la letteratura scientifica non è molto chiara — conferma Antonella Castagna, responsabile della Divisione Malattie Infettive all’Ospedale San Raffaele di Milano —. Non esiste una prova certa che la disponibilità di dispenser di disinfettanti alcolici nei luoghi pubblici possa costituire uno strumento efficace nella prevenzione dell’influenza. Resta il fatto che la procedura è certamente utile ed è provato che l’igiene delle mani previene le infezioni». Sebbene contrastare le infezioni negli ospedali non sia la stessa cosa che farlo nella comunità, proprio dai primi, dove medici e infermieri devono seguire precise procedure, può arrivare un’utile lezione. «Per l’igiene delle mani in ambiente sanitario è raccomandato prima l’uso di soluzione alcolica per almeno 20 secondi: il vantaggio è che uccide i microbi in modo immediato. In seconda battuta si lavano le mani con acqua e sapone, azione meccanica che rimuove lo sporco e in via indiretta anche virus e batteri».

COME REGOLARSI Ma fuori dagli ospedali come ci si può regolare? «Deve essere chiaro che la soluzione alcolica disinfetta, ma non pulisce. Non si può pensare di lavarsi le mani sporche con il disinfettante». Nel 2009, l’anno dell’influenza A, in molte amministrazioni comunali d’Italia si discusse dell’opportunità di installare dispenser con disinfettanti per limitare il contagio. Costi di installazione, manutenzione e l’assenza di letteratura scientifica univoca hanno impedito di portare avanti l’iniziativa. Resta certo che lavarsi le mani, anche solo con acqua e sapone è un gesto semplice e a costo quasi zero che però può dimezzare la diffusione di diverse malattie, anche gravi.

(Salute, Corriere)