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COSA SUCCEDE AL CUORE QUANDO SI FA ATTIVITÀ FISICA?

Lo dicono tutti i medici: fare attività fisica fa bene al cuore. Ma cosa succede al cuore quando si corre o si cammina a passo svelto?

Che praticare esercizio fisico aerobico abbia effetti benefici sulla prevenzione e la riduzione del rischio cardiovascolare è ormai un fatto noto da anni, anche se i meccanismi non sono sempre conosciuti e potrebbero derivare da numerosi fattori, ormonali, meccanici, locali e sistemici – . Quando si fa esercizio fisico con continuità e costanza, ma soprattutto se si pratica un’attività aerobica come la corsa, camminare a passo svelto, o passeggiare in montagna, a livello cardiaco aumenta la formazione locale e anche sistemica, cioè in tutto il sistema cardiocircolatorio incluse arterie, vene e capillari, di un fondamentale vasodilatatore, il nitrossido di azoto (NO), che favorisce la vasodilatazione arteriosa, cioè la dilazione delle pareti delle arterie, aiutando quindi anche la diminuzione dei valori della pressione.

Inoltre, l’attività fisica costante provoca una diminuzione della frequenza cardiaca a riposo, cioè quando non si svolge alcune attività fisica, con il conseguente calo del consumo di ossigeno miocardico e calo della pressione arteriosa sistemica, mentre fornisce un aumento della gittata cardiaca e della forza di contrazione miocardica. Per questi motivi l’esercizio fisico aerobico è importante sia nel soggetto sano, sia nel paziente cardiopatico a cui è raccomandata come terapia non farmacologica per la gestione della malattia cardiaca.
(Salute, Humanitas)

Perché i PAZIENTI COVID in TERAPIA INTENSIVA sono TENUTI a PANCIA IN GIÙ?

I pazienti affetti da COVID-19 e sottoposti a ventilazione polmonare sono tenuti in posizione prona. L’intuizione di un medico italiano che ha salvato migliaia di vite.

Nelle ultime settimane le immagini dei pazienti affetti da COVID-19 ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono diventate tristemente familiari.
Ma come mai vengono tenuti a pancia in giù?
Secondo i medici la posizione prona aiuta l’ossigenazione della parte del polmone non ancora compromessa dal virus e velocizza la ripresa dell’intero organo. Un gesto semplice quello di girare il paziente, che nelle ultime settimane ha salvato la vita a migliaia di persone in tutto il mondo.

IDEA ITALIANA
L’intuizione è un medico italiano, Luciano Gattinoni, professore emerito all’università Statale di Milano e per anni primario al Policlinico di Milano.
Gattinoni e il suo team, già diversi anni fa si erano resi conto che nelle sindromi respiratorie acute la parte compromessa del polmone era soprattutto quella più bassa e vicina alla colonna vertebrale.

DOPPIO VANTAGGIO
La posizione prona aiuta il paziente sottoposto a ventilazione meccanica in due modi, prima di tutto migliorando l’ossigenazione generale del sangue. E poi distribuendo in maniera più omogenea su tutto l’organo la forza esercitata dalla macchina per la respirazione assistita. Che il sistema funzioni è stato confermato in uno studio pubblicato nel 2013 sul The New England Journal of Medicine, che mostra chiaramente come i tassi di sopravvivenza dei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica perchè affetti da sindromi respiratoria acuta, siano molto più alti quando vengono tenuti in posizione prona.

NON SOLO TERAPIA INTENSIVA
Ma la posizione a pancia in giù aiuta solo i pazienti sottoposti a respirazione meccanica?
La questione è dibattuta: secondo uno studio pubblicato poche settimane fa sul American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine e condotto all’ospedale di Whuan, epicentro della pandemia, mantenere i pazienti proni in alcuni casi è risultato più efficace della sola ventilazione meccanica a pancia in su. Si tratta comunque di uno studio condotto su numeriche ridotte, che dovrà essere ulteriormente approfondito nei prossimi mesi.
(Salute, Focus)