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TORCICOLLO, COME CURARLO CON I FARMACI?

Per quanto possa essere considerato un disturbo comune, il torcicollo è un problema tutt’altro che banale, tanto da poter rendere necessario in alcuni casi l’intervento di uno specialista.

Fortunatamente, però, a volte basta affrontarlo in modo corretto perché il dolore acuto e penetrante che lo caratterizza se ne vada senza lasciare traccia. «Il torcicollo è un violento spasmo della muscolatura del collo», spiega Stefano Respizzi, esperto di fisiatria e Medicina dello sport di Humanitas. A causarlo possono essere dei movimenti bruschi o eseguiti in modo scorretto, ma non solo. Anche improvvisi sbalzi di temperatura possono portare alla contrattura dei muscoli del collo, che in seguito a un brusco raffreddamento possono perdere la loro capacità di reazione, con conseguente comparsa del torcicollo. Chi ne soffre sa riconoscere molto bene i suoi sintomi: le difficoltà a girare, flettere e allungare il collo sono causate da un dolore molto forte che può anche estendersi al braccio.

TORCICOLLO, SI PUÒ INTERVENIRE CON FARMACI ANALGESICI
«Nel caso in cui compaia – consiglia il dottor Respizzi – è possibile intervenire precocemente con farmaci analgesici e tenendo al caldo al collo». Fra i medicinali che possono essere utili in questo caso sono inclusi quelli a base di paracetamolo, di Ibuprofene, di Acido Acetilsalicilico e di Naprossene, ma anche l’uso di una sciarpa può essere d’aiuto. Il caldo, infatti, può alleviare il dolore associato alla contrattura del muscolo. Da evitare, invece, movimenti inopportuni. In particolare, l’esperto raccomanda di evitare brusche rotazioni e flessioni del collo, ma non solo. «Nelle prime fasi non si devono fare esercizi – spiega Respizzi – ma affidarsi ai farmaci». Nei primi giorni il riposo è importante e qualsiasi movimento deve essere compiuto senza forzare e avendo cura di assumere posizioni comode anche quando si dorme, in modo da evitare di peggiorare la situazione portando a un ulteriore irrigidimento dei muscoli.

SE IL TORCICOLLO NON PASSA, MEGLIO RIVOLGERSI A UNO SPECIALISTA
L’esperto, però, avverte: «Il persistere dei sintomi o il ripresentarsi con frequenza degli stessi deve invece indurre ad approfondimenti». Perciò se farmaci e caldo non sono sufficienti a risolvere il problema in un paio di giorni è bene rivolgersi a uno specialista, che potrebbe ritenere opportuno prescrivere esami di approfondimento. «L’accertamento più comune è una radiografia del collo», spiega il dottor Respizzi, sottolineando che in genere solo nei casi in cui dovessero esserci dei dubbi sulla diagnosi lo specialista potrebbe richiedere l’esecuzione di altre analisi. (Salute, Humanitas)

CORONAVIRUS, È DEFINITIVO: LE CURE PER L’IPERTENSIONE NON VANNO INTERROTTE

Un nuovo importante studio condotto in Brasile dimostra che i farmaci antipertensivi non favoriscono la diffusione di Sars-CoV-2 nell’organismo del paziente

Il messaggio è chiaro e, si può dire, praticamente definitivo: le persone che seguono una terapia antipertensiva non devono interromperla anche se si ammalano di Covid-19. Lo dimostra un importante studio appena presentato all’Esc, il Congresso della Società Europea di Cardiologia, quest’anno una “digital experience”, come l’hanno definito gli organizzatori. Cioè tutto virtuale.

Ace-inibitori e sartani
C’era stato un allarme, nei primi mesi di epidemia, per le persone in trattamento con antipertensivi (e in particolare con gli Ace-inibitori e/o con antagonisti del recettore dell’angiotensina II, i cosiddetti sartani). Quali erano i presupposti di questo allarme? Il primo: si era osservato, negli animali da esperimento, che il nuovo coronavirus (Sars-CoV-2) utilizza i recettori Ace2 per infettare le cellule. E questi Ace2 risultano aumentati nelle persone che fanno uso di Ace-inibitori e sartani. Quindi si era avanzata l’ipotesi che questi farmaci potessero favorire la diffusione del virus. Secondo punto: alcuni clinici cinesi, all’inizio dell’epidemia a Wuhan, avevano suggerito che l’ipertensione arteriosa poteva rappresentare un fattore di rischio indipendente capace di aumentare la mortalità nei pazienti affetti da Covid.

Studio Brace Corona
Già mesi fa le principali associazioni scientifiche si erano attivate per smentire queste ipotesi. E per suggerire ai pazienti di non interrompere le cure. Ma adesso arriva l’imprimatur di una importantissima società scientifica, l’European Society of Cardiology, e le conferme di uno studio chiamato “Brace Corona” che ha coinvolto 659 pazienti in diversi centri in Brasile, tutti in terapia antipertensiva con Ace-inibitori e/o sartani. Ecco qualche dettaglio. Tutti i pazienti erano stati ricoverati per Covid: una metà aveva sospeso il trattamento antipertensivo, l’altra metà no. I risultati li commenta il coordinatore dello studio, Renato Lops, della Duke Clinic Research Institute in Durham, Stati Uniti: «Nei pazienti con Covid-19, ricoverati in ospedale, la sospensione della terapia antipertensiva con Aceinibitori e sartani, per un mese, non ha avuto alcuna influenza sulla sopravvivenza nei confronti della malattia».

Pratica clinica
Aggiunge un suo commento Silvia Priori, presidente della Commissione che ha messo a punto il programma del Congresso Esc (Chair of the Esc Congress Programme Commettee): «Lo studio “Brace Corona” ha dimostrato che la terapia antipertensiva non va interrotta nei pazienti con Covid. Si tratta di uno studio che ha un impatto sulla pratica clinica».
(Salute, Corriere)

QUALI CONSEGUENZE SE SI FUMA MENTRE SI ASSUMONO FARMACI?

Il fumo può compromettere l’efficacia delle cure interferendo con il funzionamento o alterandone l’assorbimento


Il fumo può compromettere l’efficacia di numerose terapie farmacologiche attraverso due meccanismi principali: alterando l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo o l’eliminazione del medicinale (è quella che viene definita farmacocinetica) oppure interferendo direttamente con il suo meccanismo di funzionamento (farmacodinamica). A oggi non esiste una lista completa delle interazioni tra fumo e farmaci, ma è plausibile che il fumo eserciti il suo effetto su una vasta gamma di medicinali.

Ecco alcune interazioni note:
betabloccanti – sono farmaci impiegati per innumerevoli malattie cardiovascolari (dall’ipertensione allo scompenso cardiaco). Nei fumatori si sono dimostrati meno efficaci nel ridurre la pressione sanguigna e controllare il battito cardiaco.
corticosteroidi – usati in molte malattie polmonari. In chi fuma si osserva una minore risposta a quelli assunti per via inalatoria
contraccettivi ormonali – le donne che fumano e assumono la pillola vanno incontro a un maggior rischio di effetti avversi cardiovascolari (ictus, infarto, tromboembolia)
oppioidi – nei fumatori hanno un minor effetto analgesico
benzodiazepine – sono impiegati principalmente contro l’ansia.Il fumo riduce l’effetto sedativo e la sonnolenza
insulina – nei fumatori è stata osservata una riduzione dell’assorbimento e una minore risposta all’ormone a causa della capacità del fumo di indurre insulinoresistenza
eparina – è un anticoagulante.
Nei fumatori l’espulsione del farmaco è più rapida che nei non fumatori, in tal modo si ha una minore efficacia.
(Salute, Fondazione Veronesi)

GLI ANTINFIAMMATORI FANNO SALIRE LA GLICEMIA?

Problemi di schiena mi costringono a usare diclofenac e tiocolchicoside. Questi due farmaci possono far innalzare i valori della glicemia? E ci sono problemi d’interazione con la metformina.

Come comportarsi nel caso in cui dovessi aggiungere alla cura il Betametasone? Diclofenac e Tiocolchicoside non hanno effetti diretti sulla glicemia e non interagiscono con la Metformina; per il diclofenac sodico sono descritti rari casi d’interazione con alcuni antidiabetici, ma non con la metformina. Il diclofenac è un potente antinfiammatorio e può peggiorare patologie talvolta presenti nei diabetici (ipertensione, nefropatia). Il betametasone é un cortisonico, e può aumentare temporaneamente i valori di glicemia. In questi casi è bene intensificare il monitoraggio dei valori glicemici perché talvolta è necessario variare la terapia per il diabete.

(Salute, Corriere; Marco Gallo Struttura Endocrinologia Oncologica, Azienda ospedaliera universitaria Molinette, Torino)

POSSIAMO “ROMPERE” LE PASTIGLIE PRIMA DI INGERIRLE? SÌ, MA CON ACCORGIMENTI IMPORTANTI

Il ministero della Salute ha emanato la «Raccomandazione n.19», con indicazioni sulla manipolazione dei prodotti farmaceutici orali

Compresse da dividere in più parti, o «polverizzare» per mandarle giù più facilmente? La manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide, se non correttamente gestita, può causare instabilità del farmaco, effetti irritanti a livello locale o errori nella terapia. Proprio per migliorare la sicurezza dei pazienti, il ministero della Salute ha emanato la Raccomandazione n.19, che fornisce indicazioni per la manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide, e quindi per la corretta gestione della terapia farmacologica orale, nei casi in cui non sia possibile somministrarle integre e quando le attività di allestimento non siano effettuate dalla farmacia. Per «manipolazione» si intende la divisione di compresse, la triturazione, frantumazione o polverizzazione di compresse e l’apertura di capsule. Si possono verificare particolari situazioni nelle quali non è possibile somministrare forme farmaceutiche orali solide integre, riconosce il ministero, «come nel caso di: pazienti disfagici adulti e pediatrici, pazienti pediatrici, anziani, pazienti prebisfagici, pazienti fragili, pazienti politrattati pazienti in nutrizione enterale», o se c’è necessità di avere un dosaggio non disponibile in commercio. Ebbene, fra le raccomandazioni si invita a «procedere alla manipolazione subito prima della somministrazione di ogni singola dose; spezzare le compresse divisibili lungo la linea di divisione (dove presente) e prestare attenzione nei casi di compresse senza linea di divisione, in quanto il taglio può determinare angoli vivi o facce ruvide». Inoltre è bene «controllare visivamente che le porzioni siano delle stesse dimensioni; non dividere le compresse in meno di un quarto, se non specificato dal produttore; garantire l’igiene delle mani durante la manipolazione (e somministrazione della terapia) nonché l’igienizzazione degli ambienti e delle attrezzature». Inoltre è bene disporre di uno spazio adeguato ed isolato dove effettuare la manipolazione per prevenire la contaminazione conseguente allo spargimento di polvere. E prestare attenzione alla inalazione o al contatto con i principi attivi (aerosolizzazione). Sono esclusi dal campo di applicazione del documento i farmaci antineoplastici. La Raccomandazione considera alcuni aspetti tecnici della gestione delle preparazioni magistrali pediatriche e della manipolazione dei farmaci a domicilio del paziente, così come lo sconfezionamento dei medicinali per utilizzare le dosi singole.

(Salute, La Stampa)